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Quello che segue è un prezioso dossier curato da Laura Arconti su un aspetto della “questione” Giustizia in Italia poco dibattuto e conosciuto, e tuttavia essenziale: la questione dei Garanti dei detenuti. È un lavoro che a Laura è costato mesi di impegno, e che ha svolto in condizioni non facili: è stata una ricerca faticosa, che ha richiesto la pazienza e la tenacia di cui Laura è capace: ad onta di tutte le ostentate e assicurate “trasparenze” anche il solo ottenere i dati “grezzi” ha richiesto tempo e l’ostinazione di cui la “formica” radicale è capace.

È un lavoro unico, nel suo genere, mai fatto prima.

Ringraziamo Laura per averci consentito di riprodurlo. Ora dobbiamo cercare di diffonderlo almeno tra gli “addetti ai lavori” e aprire e sollecitare quel dibattito e quel confronto che finora è mancato. Con gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti.

Fin dal 1809 nella civile Svezia esiste un organo fiduciario del Parlamento con l’incarico di vigilare sul funzionamento dell’amministrazione statale e tutelare i cittadini contro eventuali abusi da parte di pubblici funzionari. È chiamato “Ombudsman”, termine che significa letteralmente “uomo che fa da tramite”.

A questa data e a questo avvenimento viene solitamente fatta risalire la figura del difensore civico attuale, benché sia impensabile che nell’antica civiltà Ateniese non esistesse un funzionario simile; nella Roma dei primi tempi repubblicani era codificato lo “jus intercessionis”, che apparteneva ai Tribuni della plebe, e che rivestiva funzioni di mediazione e garanzia.

Bisogna però arrivare a tempi molto vicini per trovare risoluzioni delle Nazioni Unite che raccomandano l’istituzione dell’Ombudsman, ed anche per veder istituito, da parte dell’Unione Europea, il “mediatore europeo” col compito di tutelare il diritto dei cittadini ad una buona amministrazione.

E in Italia?

Un primo istituto di garanzia è nato in Italia nel 1993 per tutelare i diritti dei clienti di Banche ed Istituti finanziari: l’Ombudsman bancario.  Molto più tardi, nel 2005, tutta la normativa a tutela del consumatore è stata raccolta nel Codice del Consumo con un apposito provvedimento, che però non ha istituito la figura del difensore dei consumatori. Sempre nei primi anni duemila è stata codificata la figura del difensore civico, che ha il compito di accogliere i reclami non accettati in prima istanza dall’Ufficio Reclami del soggetto commerciale che eroga un servizio. Dunque, sia pure in ritardo rispetto ai Paesi più civili, l’Italia ad un certo punto si è dotata di chi ha il compito di difendere i diritti dei cittadini, nella loro veste di consumatori o di risparmiatori che investono il denaro messo da parte.

Ma il cittadino – sia esso italiano o di diversa nazionalità – per i differenti casi della vita può essere anche coinvolto in fatti di cronaca e diventare un cittadino privato della libertà e trattenuto in custodia dello Stato per motivi di sicurezza. Anche questi cittadini, siano essi colpevoli acclarati e condannati, oppure in attesa di giudizio, hanno il diritto di esser trattati in modo umano ed aiutati –in base al dettato costituzionale –per il recupero e la reintroduzione nel mondo del lavoro e del viver civile. Questo diritto è sancito anche dalla Convenzione dei diritti dell’Uomo, stipulata fra il Comitato dei Ministri dell’UE e gli stati membri dell’Unione.

La figura del garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale (detto anche difensore civico dei detenuti) è prevista dalla convenzione dell’Onu contro la tortura, risalente al 1987, che l’Italia ha sottoscritto, impegnandosi a dotarsi di uno strumento di garanzia dei diritti delle persone detenute sotto la responsabilità dello Stato.  Ebbene, dalla Convenzione del 1987 si è dovuto attendere fino al 2013 perché la figura del Garante nazionale dei diritti dei detenuti fosse istituita, con un Decreto Legge del 23 dicembre, poi convertito con le solite inevitabili modificazioni nella Legge 21 febbraio 2014 n.10.

Sulla Gazzetta Ufficiale n.75 del 31-3-2015 è stato pubblicato dal Ministero della Giustizia il Decreto 11 marzo 2015 n.36 che contiene il “Regolamento recante la struttura e la composizione dell’Ufficio del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale”.  L’entrata in vigore del provvedimento era prevista per il 15 aprile 2015, ma a tutto il gennaio 2016 il Garante Nazionale non è stato nominato. Finalmente, il 6 febbraio 2016, il Ministero della Giustizia ha emesso un comunicato: il Garante è stato nominato. Il sommario del comunicato recita come segue: «Il prof. Mauro Palma è il Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. La sua nomina, insieme a quella dell’avvocato Emilia Rossi come Membro, è stata formalizzata in un decreto del Presidente della Repubblica».

(NOTA  – Nella scheda Ministeriale di aggiornamento dell’8 febbraio 2016 si legge: «Il d.l. n. 146 del 2013, convertito, con modificazione, dalla legge 21 febbraio 2014,n.10 ha istituito il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale e con il Dm 11 marzo 2015 n.36 si è definito il regolamento sulla struttura e la composizione dell’Ufficio, in fase di organizzazione»).

L’Italia, si sa, è il paese del disordine, dell’anarchia, dell’individualismo: così, ancor prima che ci fosse un Garante Nazionale dei diritti dei detenuti, esistevano qua e là Garanti comunali, provinciali, regionali. Anche quando un Garante nazionale non era ancora stato nominato, c’era un Garante comunale a Bolzano e a Nuoro, a Torino e a Bologna, c’era un Garante provinciale ad Enna, a Ferrara, a Padova e a Reggio Calabria, e c’erano alcuni Garanti regionali, ciascuno nominato in base ad una legge e ad un regolamento votato e deliberato dai relativi Consigli comunali, provinciali o regionali secondo testi diversi, che hanno talvolta solo una vaga consonanza normativa.

Con l’intento di capire quanto sia stato fatto, e soprattutto quanto ancora ci sia da fare per assicurare un minimo di legalità all’esecuzione della pena detentiva, proviamo a costruire una mappa dei Garanti Regionali.

Le Regioni in Italia sono venti, di cui 15 a statuto ordinario e cinque a statuto speciale: Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Per capire la situazione, parrebbe logico cominciare dalle Regioni, che sono in tutto venti, sicché non dovrebbe esser difficile stabilire in che data è stata approvata la legge istitutiva, chi è stato nominato Garante e in che data, quale durata lo statuto prevede per il mandato.

Si parte dunque con l’esaminare, nel sito del Ministero della Giustizia, l’elenco dei Garanti regionali in carica. Fedele alla tradizione italica, l’elenco esiste ma è incompleto: mancano indicazioni per alcune regioni, e in alcune Regioni è indicato il nome di un Garante che – con riferimento alla data in cui è stato nominato e alla durata del mandato stabilita dall’atto istitutivo – decadrà ben presto oppure è addirittura già decaduto. Per scoprire in che data ciò sia accaduto o stia per accadere, bisogna trovare il testo della legge regionale istitutiva, perché le leggi sono diverse da Regione a Regione: in alcune Regioni il mandato del Garante dura cinque anni, in altre Regioni sei o sette anni. Non basta: in alcune Regioni il Garante può essere rieletto al termine del mandato, in altre non può essere nuovamente incaricato. È presumibile che il primo lavoro che dovrà fare il Garante Nazionale appena nominato riguarderà proprio la messa a punto dell’elenco ufficiale presso il Ministero della Giustizia; poi verranno le decisioni per mettere ordine in tutto il sistema. Sarà interessante vedere come verrà risolto il problema del coordinamento dei Garanti, poiché il 29 gennaio 2016 un gruppo di Garanti regionali, alcuni in carica ed uno in attesa di seconda nomina – quindi sostanzialmente sospeso – si sono riuniti a Torino ed hanno eletto un Coordinatore nella persona del Garante della Toscana Franco Corleone, e due Vice Coordinatori nelle persone di Bruno Mellano, Garante del Piemonte, e di Adriana Tocco, Garante della Campania in attesa di seconda nomina.

Il Ministero della Giustizia, nel comunicare la nomina del Garante Nazionale, ha precisato che «sul piano nazionale il Garante coordinerà il lavoro dei Garanti regionali, positivamente operativi già in molte regioni e auspicabilmente presto nominati nelle altre»: ci si trova dunque in presenza di quattro coordinatori, di cui tre non nominati dal Presidente della Repubblica ma elettisi in seno ad una riunione fraterna, e sarà interessante vedere come questo garbuglio sarà sbrogliato dal Prof. Palma.

Chi scrive ha iniziato da alcune settimane una accurata ricerca, con l’intento di costruire una mappa dei Garanti e della loro operatività: il lavoro è reso arduo dal fatto che gli elenchi disponibili nel web, sia quello ufficiale del Ministero (almeno fino alla data di sabato 5 marzo 2016 alle ore 24:00) sia altri elenchi pubblicati da varie fonti, come Regioni, Associazioni di difesa del detenuto ecc. sono carenti, disordinati e spesso inattendibili.

Alla fine, l’unico modo per venire a capo del gomitolo di errori, non è rimasto che darsi da fare col telefono, chiamando gli “URP” delle Regioni (dove esistono) oppure telefonando ad amici, compagni, colleghi, e chiedendo loro di andare negli Uffici Regionali ad informarsi.  Si è scelto di partire dal Sud risalendo la penisola fino al Trentino Alto Adige.

In Sicilia la figura del “Garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e per il loro reinserimento sociale” è stata istituita nel 2005 (art. 33 della legge regionale n.5 del 19 maggio 2005) e successivamente integrata in parte con l’art. 16 della legge regionale n.18/2/2008; il mandato, affidato dal Presidente della Regione con proprio decreto, ha una durata di sette anni.  Nel 2006 è stato nominato Garante il Sen. Salvo Fleres, che ha svolto la funzione fino alla scadenza del mandato, il 16 settembre 2013, e da allora il Presidente della Regione Rosario Crocetta non ha ritenuto opportuno procedere ad una nuova nomina.  Non c’è il Garante, ma l’Ufficio del Garante (che ha ben due sedi, a Palermo ed a Catania) tuttora esiste con una decina di funzionari ed impiegati che percepiscono stipendi ma non possono operare: non sono neppure autorizzati ad aprire la corrispondenza che arriva dalle carceri agli uffici, all’indirizzo del Garante che non c’è. I Radicali che vivono ed operano in Sicilia hanno più volte sollecitato il presidente della Regione a nominare il Garante, e nel gennaio del 2015 hanno presentato un esposto alla procura regionale della Corte dei Conti per il danno erariale conseguente alla mancata nomina del Garante. Il costo delle due sedi e del personale (in stipendi e contributi) è stato stimato in circa 500 mila euro all’anno. Non basta: il 16 dicembre 2015 Riccardo Arena scrive sul “Giornale di Sicilia” che il giudice monocratico della quinta sezione del Tribunale di Palermo, Fabrizio Anfuso, ha condannato per assenteismo nove impiegati regionali dell’Ufficio del Garante a dieci mesi ciascuno, con pena sospesa, ed alla confisca del maltolto. Sembra che l’accusa di assenteismo risalisse ai tempi del Garante Fleres, ma questo – dei tempi processuali – è tutto un altro discorso.
La  Calabria manca del tutto, nell’elenco Garanti Regionali che si può leggere sul sito ufficiale del Ministero della Giustizia, per l’ottimo motivo che in quella Regione non esiste ancora il Garante dei diritti delle persone detenute, e neppure ne esiste una  legge istitutiva. Un progetto di legge, dal titolo “Istituzione del Garante Regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”, presentato dal Consigliere Nicola Irto e depositato presso la segreteria dell’Assemblea in data 13/05/2015 con il n° 34, è stato assegnato alle commissioni 1.a per l’esame di merito, e 2.a per il parere. Nel sito della Regione Calabria l’iter del progetto recita: “in discussione”, da nove mesi. L’avv. Gianpaolo Catanzariti, referente territoriale per Reggio Calabria dell’Osservatorio UCPI (Unione Camere Penali Italiane) che in collaborazione col Consigliere Irto ha predisposto l’articolato dopo aver consultato molte leggi istitutive approvate da altre Regioni per identificare la normativa migliore, sta monitorando con attenzione l’iter della proposta.

In Basilicata sul finire del 2010, e precisamente il 23 dicembre, si è tenuta una conferenza stampa di presentazione della proposta di legge del Consigliere regionale Rocco Vita (PSI) per la “Istituzione dell’Ufficio del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”. Erano presenti dirigenti regionali e provinciali del PSI, nonché il segretario dei Radicali lucani Maurizio Bolognetti, che successivamente ha più volte sollecitato la calendarizzazione del dibattito sul progetto, senza peraltro che la situazione sia mutata fino ad oggi. Tuttora la Regione Basilicata è priva di un Garante dei detenuti e perfino di una legge istitutiva della funzione.

La Regione Puglia ha approvato in data 10 luglio 2006 la Legge regionale n.19, denominata “Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere delle donne e degli uomini in Puglia”, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n.87 del 12 luglio 2006. L’articolo 31 di questa enciclopedica Legge istituiva “l’Ufficio del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”, ma solo con un successivo Regolamento del 29 settembre 2009 (pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n.153) sono state precisate le modalità di esecuzione del mandato e la sua durata. L’art. 3 del regolamento stabilisce che il mandato del Garante dura cinque anni ed è rinnovabile una sola volta; l’elezione del Garante avviene a scrutinio segreto, e sono richiesti i due terzi dei voti dei Consiglieri in carica.  Con delibera del Consiglio in data 11/07/2011 è stato nominato il Garante nella persona del dott. Pietro Rossi, indicato dall’Associazione Antigone: l’elezione è avvenuta a grande maggioranza, ed è stata salutata con soddisfazione generale. L’indomani la Gazzetta del Mezzogiorno, riferendo sul voto quasi unanime, scrisse che “il relatore del provvedimento, Dino Mariano Presidente della commissione Sanità, ha dedicato questa giornata a Marco Pannella, per la battaglia che continua a condurre: la sua vita –ha detto il Consigliere-  è dentro la democrazia, la legalità e la giustizia”. Fra non molto, l’11 luglio 2016, il Consiglio dovrà votare per il rinnovo dell’incarico o per una nuova nomina.

La Regione Campania si è dotata della figura del Garante con la legge regionale n.18 del 24 luglio 2006, (pubblicata nel bollettino regionale n.36 del 7 agosto) che porta il nome di: “Istituzione dell’Ufficio del Garante delle persone sottoposte a misure restrittiva della libertà personale”. L’articolato è molto minuzioso nella definizione dei compiti del Garante, che dovrà occuparsi delle persone presenti negli Istituti penitenziari, negli Istituti penali dei minori, nei centri di prima accoglienza, nei centri di assistenza temporanea per stranieri, nonché delle persone sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio.  L’incarico di Garante è ricoperto dalla dott. Adriana Tocco, nominata l’8 febbraio 2011 con il decreto n.13 del Presidente del Consiglio Regionale Stefano Caldoro. La legge n.18/2006, istitutiva del Garante, all’articolo 2 recita così: “Il Garante resta in carica per l’intera legislatura e non può essere rieletto”: di conseguenza la dr.Tocco avrebbe dovuto decadere nel 2015 e non avrebbe potuto essere rieletta. Ma non è così: la proposta di legge n.51, depositata il 16/7/2010, assegnata alla Commissione Consiliare Permanente, aveva modificato i termini di vigenza del mandato. Questa legge all’art.1 abroga dalla legge istitutiva del 2006 le parole “non può essere rieletto” e all’art.2 recita: “La presente legge è dichiarata urgente, ed entra in vigore il giorno successivo la sua pubblicazione sul Bollettino Regionale”. E la durata del mandato? Nel sito della Regione Campania non c’è traccia alcuna di un provvedimento che fissi la durata, e tanto meno di una legge o di un decreto che abroghi la decadenza concomitante con la fine della legislatura, prevista dalla legge 18/2006. Informazioni “orali” dicono che il termine di 5 anni è scaduto, ma che c’è un dispositivo in base al quale il garante resta in carica anche dopo la scadenza, finché non venga nominato il nuovo Garante, allo scopo di assicurare la continuità della funzione: la dott. Tocco sarebbe dunque “in attesa di nuova nomina”. Ogni accurata ricerca su sito non ha consentito di verificare le fonti normative di tali dispositivi: addirittura esistono nel sito dei link che dovrebbero condurre a leggi e decreti relativi al Garante, ma che in realtà conducono a contenuti collaterali, come per esempio lo stanziamento di somme a favore di una Associazione esterna per consulenze prestate all’Ufficio del Garante: per il momento si resta in attesa di notizie.

 

I detenuti della Regione MOLISE hanno dovuto aspettare a lungo la legge n.17 del 9 dicembre 2015, pubblicata nel Bollettino Ufficiale n.40 del 16/12/2015, dal titolo “Istituzione del Garante regionale dei diritti della persona”. All’articolo 1 la legge precisa che ha lo scopo di garantire in ambito regionale i diritti delle persone fisiche e giuridiche verso le pubbliche amministrazioni, tutelare i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e promuovere, proteggere e facilitare il perseguimento dei diritti delle persone private della libertà personale. In sostanza si tratta di un Garante dei diritti con valenza universale, tanto è vero che la legge istitutiva provvede ad abrogare la precedente legge n.32 del 2 ottobre 2006, che istituiva il Tutore pubblico dei minori.  Nella Regione Molise il Garante viene eletto dal Consiglio a scrutinio segreto, con i due terzi dei voti favorevoli per due votazioni ed eventualmente, dalla terza votazione, a maggioranza semplice; egli dura in carica cinque anni ed è rieleggibile per una sola volta. Nelle disposizioni finali l’art. 17 precisa che il Garante è eletto entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge e, in fase di prima applicazione, presta giuramento nella prima seduta utile del 2016 del Consiglio regionale.  Un termine di tempo così breve per un percorso che solitamente occupa un semestre (pubblicazione del Bando di ricerca, attesa dell’arrivo delle candidature, analisi dei curricula, scelta della persona e sua nomina) farebbe pensare che al momento in cui la Legge è stata promulgata fosse già disponibile una candidatura di fiducia dell’intero Consiglio, e tuttavia, alla scadenza dei sessanta giorni il 16 febbraio 2016, non risulta ancora nominato il Garante Molisano. Forse si attende che abbia giurato nella prima riunione Consiliare del 2016, per annunciane l’elezione?  Secondo l’art.3 comma 3, la prestazione del giuramento ha luogo davanti al Consiglio regionale entro quindici giorni dalla data dell’elezione con la formula “Giuro di bene e fedelmente svolgere l’incarico cui sono chiamato nell’interesse della collettività e al servizio dei cittadini, in piena libertà e indipendenza”.  In un sito così preciso, con una legge che puntigliosamente prevede perfino la formula del giuramento, è bizzarro che non sia presente alcuna documentazione del Bando, dell’esame dei candidati e del decreto di nomina. La Legge richiede (art.2) una persona “di adeguata competenza e provata esperienza giuridico-amministrativa nel settore delle discipline di tutela dei diritti umani ed anche in materia minorile, con particolare riguardo alle materie che rientrano tra le sue attribuzioni”. Si resta in attesa di conoscere tale persona.

Nella Regione autonoma della SARDEGNA la legge del 7 febbraio 2011 n.7 (pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Sardegna n.5 del 18 febbraio 2011) istituiva il “Sistema integrato di interventi a favore dei soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria e istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”.  L’omnicomprensivo capo primo della legge elenca gli obblighi, a carico della regione, in ordine ai diritti delle persone sottoposte ad atti giudiziari, all’indirizzo e coordinamento delle politiche di inclusione e di reinserimento sociale a favore dei detenuti, delle persone soggette a misure alternative alla detenzione e degli ex detenuti, sostegno alle donne detenute e tutela dei minori, nonché a favore degli stranieri, con particolare riguardo ai servizi di mediazione culturale,  e infine promozione ed educazione alla salute, ed
interventi per l’avviamento al lavoro di detenuti ed ex detenuti attraverso progetti sperimentali diretti a incentivare nuove professionalità e nuove forme imprenditoriali anche attraverso la creazione di cooperative.

La parte seconda della legge istituisce il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale.  Il Garante è nominato dal Consiglio regionale con votazione a scrutinio segreto e a maggioranza dei due terzi; se nelle prime tre votazioni non viene raggiunto il quorum dei due terzi il Garante è eletto a maggioranza assoluta dei componenti. Il Garante dura in carica sei anni e non è immediatamente rieleggibile.

Dopo la scadenza del mandato, le funzioni del Garante sono prorogate per non più di quarantacinque giorni decorrenti dal giorno del termine.  La legge è entrata in vigore il giorno della pubblicazione ne Bollettino Ufficiale della Regione Sardegna, e quindi il 18 febbraio 2011: in cinque anni, nessuno si è mai occupato della nomina del garante.  Un anno fa, il 14 febbraio 2015, nel sito www.sardegnalive.net, si leggeva: «Dire che ci troviamo in un Paese in cui ci sono troppe leggi rimaste lettera morta, non fa ormai più notizia. È il caso stavolta di una legge regionale della Sardegna, quella del 7 febbraio 2011, n.7».

Non è possibile che in Sardegna non si trovi una persona dotata di diploma di laurea magistrale o diploma di laurea del vecchio ordinamento, prescritte dall’art.2 della legge, con adeguata competenza e provata esperienza giuridico-amministrativa nel settore delle discipline di tutela dei diritti umani ed anche in materia minorile, che sia disposta a lavorare nella sede della Regione contro retribuzione del 50% dell’indennità prevista per i Consiglieri regionali. Dunque la legge giace da cinque anni per precisa volontà politica. Cui prodest?

La Regione ABRUZZO si è dotata della Legge n.35 del 23 agosto 2011 recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, pubblicata nel BURA Speciale n.54 il 31 agosto 2011 ed entrata in vigore il 1° settembre 2011 – di cui l’art. 6 riguarda lIstituzione dell’Ufficio del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. La legge considera persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale non soltanto i soggetti presenti negli istituti penitenziari, negli istituti penali per minori o comunque sottoposti a misure restrittive della liberà personale, ma anche le persone ospitate nei centri di prima accoglienza, le persone trattenute nei centri di assistenza temporanea per stranieri, le persone presenti nelle strutture sanitarie in quanto sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio.

Secondo l’art.6 il Garante è eletto dal Consiglio regionale con la maggioranza dei due terzi dei voti favorevoli, nei novanta giorni successivi all’insediamento del Consiglio stesso, e decade con lo scioglimento del Consiglio regionale. In sede di prima applicazione l’Ufficio del Garante è costituito entro i novanta giorni successivi all’entrata in vigore della legge.  Ora, poiché l’entrata in vigore della legge coincide con la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale regionale, l’Ufficio del garante avrebbe dovuto costituirsi e il Garante avrebbe dovuto essere scelto, non oltre tre mesi dal 1° settembre, e cioè il 1° dicembre 2011.

Il 29 novembre 2013 il giornale online Abruzzo-24oreTV pubblicava questa informazione: «I detenuti non potevano più attendere che la Regione si decidesse a nominare il Garante e così abbiamo provveduto noi». Con queste parole Alessio Di Carlo, segretario dell’Associazione Radicali Abruzzo, ha annunciato l’istituzione del “Referente dei Detenuti” nella persona di Francesco Lo Piccolo, presidente della onlus “Voci di dentro”.

Al di là della fantasiosa invenzione del referente, che nessuna legge autorizza, resta il fatto che a tutto il febbraio 2016 in Abruzzo non c’è un Garante incaricato a termini della legge. In tempi più recenti il Consiglio, riunitosi più volte avendo all’ordine del giorno la nomina del garante, si è trovato di fronte una pletora di pretendenti, fra i quali anche il cosiddetto “referente” Lo Piccolo; la più votata è stata la radicale Rita Bernardini la cui aderenza alle caratteristiche dell’identikit disegnato dalla legge è universalmente ammessa, ma che tuttavia non ha raggiunto la maggioranza qualificata dei due terzi dei voti favorevoli. Nei primi giorni di marzo 2016 la Conferenza dei Capigruppo ha deciso che il Consiglio audirà – in una data da destinarsi – la candidata che ha ottenuto il maggior numero di voti, ma al momento nessuna convocazione è pervenuta all’interessata.  Resta una notazione marginale: la legge che all’art.6 istituisce il Garante si dichiara “urgente” nel titolo stesso; dunque è legittimo chiedersi se la dilazione di cinque anni e mezzo sia accettabile da parte di uno Stato democratico attento al rispetto delle sue proprie leggi.

Nel LAZIO la Legge Regionale del 6 ottobre 2003 – n.31 ha istituito il “Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale” con rifermento a persone presenti negli istituti penitenziari, negli istituti penali per minori, nonché nei centri di prima accoglienza, nei centri di assistenza temporanea per stranieri e nelle strutture sanitarie in quanto sottoposti al trattamento sanitario obbligatorio.  Secondo questa legge, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 29 del 20 ottobre 2003, il Garante è affiancato da due coadiutori e può avvalersi dell’opera di consulenti esterni; egli ed i coadiutori sono eletti dal Consiglio regionale con deliberazione adottata a maggioranza assoluta (la metà più uno degli aventi diritto al voto) con voto limitato, durano in carica cinque anni e possono essere rieletti una sola volta.

Dalle informazioni presenti nel sito ufficiale della Regione non è possibile stabilire quando e con quale deliberazione sia stato nominato il Garante, perché la prima traccia di un bando per la ricerca di un Garante e di due coadiutori porta la data del 2010, e non c’è alcun documento relativo alla prima nomina dopo la promulgazione della legge. Una data approssimativa si può dedurre leggendo quanto nel mese di settembre 2005 il giornale “Ristretti Orizzonti” diretto da Ornella Favero, scriveva: «È il primo Garante dei diritti delle persone private della libertà personale istituito da una Regione, ha una sede all’EUR, bella, luminosa, immersa nel verde, e molte persone che lavorano con lui per rendere sempre più concreto il suo ruolo. Angiolo Marroni, avvocato, volontario in carcere, ricopre da più di un anno il ruolo di “Garante dei detenuti” del Lazio». Più preciso il quotidiano l’Opinione online, che in data 31 marzo 2004 scrive: “Il 26 febbraio il consiglio regionale del Lazio ha eletto Angiolo Marroni garante dei diritti dei detenuti. Il Lazio è la prima regione in Italia ad aver istituito questa figura di garanzia”.

Ancora da Ristretti Orizzonti, in un altro articolo, apprendiamo che il dott. Marroni è stato eletto all’unanimità: un voto unanime è un segno inequivoco di gradimento del personaggio, ovvero di accordi fra partiti e correnti per la sua nomina. Evidentemente tale gradimento è continuato a lungo, poiché dalla Legge del 2003 fino a tutto il 2014, nel Lazio c’è stato un solo Garante, appunto l’avv. Marroni, rimasto in carica per un decennio. Nel 2010 dunque, alla scadenza del primo mandato, il dott. Marroni è stato evidentemente rieletto, ma nel sito della Regione non è stato possibile reperire alcun documento probatorio né della prima né tanto meno della seconda nomina; e non si trova alcuna traccia relativa ai due coadiutori previsti dalla Legge. Quanto segue è su “Huffington Post”, in data 5 marzo 2015. “Dopo dieci anni come Garante dei diritti dei detenuti, uno fra i primi ad essere nominato nel 2005, da qualche giorno l’avvocato Angiolo Marroni è in procinto di liberare gli uffici all’Eur, della regione Lazio, destinati al Garante dei detenuti”. Nella sua ultima relazione annuale, del 2014, si legge: “Al termine del mio mandato di Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio, ritengo sia opportuno tracciare un bilancio di ciò che abbiamo realizzato in questi anni con l’ambizione di indicare questo Ufficio come punto di riferimento, come modello per le Regioni italiane dove i Garanti operano con difficoltà, o addirittura non sono stati ancora eletti”. Non è obiettivo di questo studio valutare l’operato dei vari Garanti, ma soltanto di ricostruire una mappa il più possibile precisa della situazione dei garanti regionali. Pertanto sulla regione Lazio c’è da dire che l’incarico è vacante, e le candidature sono state affidate all’esame di una apposita Commissione. Per il momento non si conoscono i nomi dei concorrenti, né all’incarico di Garante, né per i due incarichi di coadiutore: con buona pace del Decreto Legislativo del 14 marzo 2013, n.33 (Amministrazione Trasparente), in attuazione della Legge 6 novembre 2012, n. 190 (Anticorruzione).

Nella Regione MARCHE, con la legge regionale 28 luglio 2008 n° 23 e successive modifiche ed integrazioni (pubblicata nel Bollettino Ufficiale 7 agosto 2008 n.75) è stato istituito l’Ombudsman Regionale, che svolge i compiti di Difensore civico Regionale, Garante anti-discriminazioni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Garante dei diritti dei detenuti.

La ratio istitutiva del Garante dei diritti dei detenuti nella Regione Marche lo identifica come l’organo deputato ad accertare che anche all’individuo sottoposto a misure restrittive della libertà personale vengano garantiti i diritti stabiliti dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e dalla Costituzione della Repubblica Italiana (articolo 13, comma 1, Legge 23/2008). Difatti, il principale interlocutore del Garante è proprio l’Ente regionale ed, in subordine, le aziende sanitarie ed enti locali, in ragione della funzione di soggetti erogatori di servizi sul territorio regionale e, soprattutto, in ragione della sfera di competenza territoriale loro pertinente (articolo 13, comma 3, della Legge).

Il Garante viene eletto dall’Assemblea regionale all’inizio di ogni legislatura e non è rieleggibile. L’elezione ha luogo a scrutinio segreto con la maggioranza dei due terzi. Dopo la quarta votazione, se nessuno dei candidati ha ottenuto la maggioranza qualificata, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno riportato il maggior numero di voti e se nella votazione successiva risulta parità di voti tra i due candidati, viene eletto il candidato più giovane di età; bisogna ammettere che, fra tanti metodi originali, questo dell’età è davvero innovativo.

Da nessuna parte della legge si fa cenno della durata della funzione, ma possiamo calcolarla in 5 anni visti gli accadimenti: il Garante Italo Tanoni presumibilmente è entrato in carica nel 2010 con il Presidente Gian Mario Spacca, è decaduto nel 2015 ed è stato sostituito in settembre da Andrea Nobili con la nuova Giunta di Luca Ceriscioli. La funzione di garante dei diritti dei detenuti è coperta nella Regione Marche fino al termine della legislatura attuale.

La Regione UMBRIA ha sancito la funzione di garanzia per i detenuti con la legge regionale del 18 Ottobre 2006, n. 13, pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 50 del 31/10/2006, dal titolo “Istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale”.

L’incarico è assegnato mediante voto favorevole dei due terzi dei consiglieri; se nelle prime tre votazioni non si ottiene la maggioranza prescritta, a partire dalla quarta votazione è sufficiente la maggioranza assoluta dei consiglieri regionali (cioè la metà più uno degli aventi diritto al voto).

Il Garante dura in carica cinque anni e non può essere riconfermato. Alla scadenza del mandato, il Garante rimane in carica fino alla nomina del successore e comunque per un tempo non superiore a novanta giorni, entro il quale deve concludersi il procedimento della nomina del nuovo Garante. (art.2).

Dopo una serie di articoli relativi alla funzione, alle modalità di azione, al trattamento economico (peraltro qui sensibilmente più basso rispetto alle leggi promulgate in tutte le altre Regioni) nelle norme finali transitorie si legge: il Consiglio regionale provvede alla elezione del Garante ai sensi dell’articolo 2 entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge. I novanta giorni entro i quali il Garante doveva essere nominato sono passati trentasei volte, prima che il Garante fosse scelto.

La deprecabile abitudine di molte Istituzioni italiane, di non rispettare le leggi che esse stesse si sono date, trova l’esempio paradigmatico nella Regione Umbria, che si era data tempo tre mesi per nominare il Garante, e non lo aveva ancora scelto dopo otto anni.

Stefano Anastasia (Presidente onorario di Antigone) due anni fa lamentava sul Corriere dell’Umbria del 14 gennaio 2014 la mancata nomina alla quale egli stesso, un anno prima, aveva posto la candidatura rispondendo al bando pubblico, “come altre qualificate e stimabili persone” (testuale). Evidentemente

la protesta del candidato Anastasia ha avuto effetto, poiché in data 8 aprile 2014, con deliberazione dell’Assemblea legislativa n. 321, è stato nominato Garante Regionale il prof. Carlo Fiorio, nato a Torino ma residente a Perugia.

Nella Regione TOSCANA il Garante era stato istituito con la Legge regionale 2 dicembre 2005, n. 64 dal titolo “Tutela del diritto alla salute dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari ubicati in Toscana”, aggiungendovi in modo posticcio, dopo le norme finali e transitorie, questo: Art.8 – Ufficio del garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Successivamente questo articolo è stato abrogato con l’art.12 della legge regionale 19 novembre 2009, n.69, che  contiene le “Norme per l’istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”. In un ampolloso preambolo alla legge, dopo i riferimenti alla Costituzione e allo Statuto Regionale, il capo 2 precisa che “è emersa la necessità” di istituire, la figura del Garante quale organo autonomo, al fine di assicurare la finalità rieducativa della pena ed il reinserimento sociale dei condannati, così come, più in generale, l’effettivo godimento dei diritti civili e sociali. Dal primo tentativo del 2005 fino alla legge tuttora vigente dal 2009, sono passati quattro anni, una gestazione lunga quanto inspiegabile davvero: comunque la legge istitutiva è in vigore dal 1° gennaio 2010.

Il garante dura in carica sei anni e non è immediatamente rieleggibile, ma prosegue nell’esercizio delle proprie funzioni per novanta giorni a decorrere dalla scadenza del proprio mandato o per il più breve termine di entrata in carica del successore.

Il garante Alessandro Margara è entrato in carica per delibera del Consiglio Regionale del 20 luglio 2011; si è dimesso nel 2015 all’età di 83 anni, a mandato non ancora scaduto, dichiarando per le dimissioni il motivo della tarda età.  Il 20 luglio 2015 è entrato in funzione il nuovo Garante Franco Corleone, che lo stesso Margara aveva indicato come proprio successore.

Mentre questo studio procedeva, il 19 febbraio 2016 il Consiglio dei Ministri ha nominato Franco Corleone Commissario Unico per il superamento degli ex Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) situati in Piemonte, Toscana, Veneto, Abruzzo, Puglia e Calabria, le sei regioni commissariate dall’esecutivo per non aver ancora chiuso gli OPG. In Toscana, pertanto, il Garante Regionale dovrà essere sostituito a norma dell’art.5 della legge che così recita: “In caso di cessazione anticipata l’elezione del nuovo garante è posta all’ordine del giorno del Consiglio regionale della prima seduta successiva. Nel periodo di compimento delle procedure di nomina, l’incarico è transitoriamente ricoperto dal segretario generale del Consiglio regionale, senza diritto all’indennità”.  Qualcuno ha ipotizzato che il Garante Franco Corleone possa conservare l’incarico in Toscana anche dopo la nomina a Commissario unico di sei Regioni: è ben vero che l’art. 3, comma 2 della legge istitutiva del Garante recita: “Non possono essere nominati i membri del parlamento e del governo, i sindaci, gli assessori e i consiglieri regionali, provinciali e comunali” e non fa cenno della carica di Commissario governativo. Tuttavia il senso comune suggerisce l’impossibilità materiale di affrontare contemporaneamente tante emergenze, sicché si può ritenere vacante il mandato del Garante della Regione Toscana, salvo percorsi “creativi” come quelli ai quali abbiamo spesso assistito.

La regione EMILIA-ROMAGNA si è dotata di un Garante con la Legge Regionale 19 febbraio 2008, n.3  “Disposizioni per la tutela delle persone ristrette negli Istituti penitenziari della Regione Emilia-Romagna”, integrata da modifiche apportate con la LR n.13 del 27 settembre 2011. Dopo aver descritto il “Sistema integrato di interventi” (tutela della salute, attività socio-educative, di sostegno alle donne detenute, di istruzione e formazione, attività lavorativa) nei primi otto articoli, l’articolo 10 –come sostituito dalla legge del 2011- provvede alla  istituzione dell’Ufficio del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale.

La legge precisa che il Garante resta in carica per cinque anni e non può essere rieletto, anche se alla scadenza del mandato resta in carica fino alla nomina del successore e comunque per un periodo di tempo non superiore a novanta giorni, entro il quale deve essere eletto il nuovo Garante.   La deliberazione dell’Assemblea Legislativa regionale 28 novembre 2011, n.65 (pubblicata nel BUR-ER n. 177 del 07.12.2011) informa che “l’Assemblea legislativa elegge il Garante con voto segreto, e risulta eletto il candidato che ottiene i voti dei due terzi dei consiglieri assegnati alla Regione. Dopo la terza votazione, qualora non si raggiunga detto quorum, l’elezione è rimandata alla seduta del giorno successivo. In questa seduta. Dopo due votazioni, se il candidato non raggiunge i due terzi dei voti assegnati si elegge il Garante con la maggioranza dei consiglieri assegnati alla Regione”. Sempre dallo stesso Bollettino apprendiamo che la Sig.ra Desi Bruno è risultata eletta alla sesta votazione con 26 voti sui 50 Consiglieri assegnati alla regione. Il suo mandato scadrà alla fine del 2016.

Nel sito della Regione LIGURIA, con data 1° marzo 2006, si annuncia la presentazione della proposta di legge n.51/2006 per l’istituzione dell’ufficio del garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale.  Mancano successive notizie circa l’iter della proposta: presumibilmente non è mai stata posta on discussione, poiché solo nel gennaio 2013 (sette anni dopo) la Capogruppo  IdV e presidente della commissione Pari Opportunità richiama l’attenzione sull‘emergenza carceri in Liguria, invocando l’urgenza dell’istituzione del Garante. Questa iniziativa non ha altro effetto che di provocare la protesta del segretario generale del SAPPE, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria che dichiara: “Le priorità penitenziarie della Liguria sono ben altre che istituire il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”.

Passano altri tre anni e finalmente, il 20 gennaio 2016, il Consigliere Gianni Pastorino (Rete a sinistra) presenta la Proposta di legge n. 17 per “l’Istituzione del Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”.

La proposta Pastorino è molto precisa, e rivela un previo studio delle altre leggi regionali, con il dichiarato scopo di ottenere l’assenso e la condivisione del Consiglio in tutte le sue parti. Innovativo il metodo di elezione, a scrutinio segreto mediante i voti dei tre quinti dei Consiglieri assegnati alla Regione, in luogo dei consueti due terzi richiesti dalle altre Leggi regionali. In data 25 febbraio 2016 la proposta di Legge ha iniziato il suo percorso legislativo con il passaggio nella prima commissione del Consiglio Regionale. Non resta che augurarsi che questa volta i risultati delle Commissioni siano rapidi e condivisi.

In PIEMONTE l’istituzione del Garante è avvenuta con la promulgazione della legge regionale n.28 del 2 dicembre 2009, pubblicata nel Bollettino Ufficiale n.48 del 7 dicembre.  Si tratta di una legge lodevolmente snella e chiara, di 8 articoli, senza ripetizioni e senza fronzoli.

L’art. 2 della Legge precisa che la designazione del Garante avviene per maggioranza qualificata, dei due terzi dei Consiglieri assegnati alla Regione. Qualora nella prima votazione non si raggiunga la predetta maggioranza, il Garante è designato a maggioranza assoluta dei Consiglieri aventi diritto al voto.  Il Garante dura in carica cinque anni e può essere confermato per non più di una volta. Dopo la scadenza del mandato, il Garante rimane in carica fino alla nomina del successore.

All’art.7 la Legge prescrive che la prima nomina del Garante debba avvenire entro centottanta giorni dalla pubblicazione della legge sul Bollettino ufficiale della Regione Piemonte, e pertanto non oltre l’inizio del mese di giugno 2010; a causa della consultazione elettorale di marzo, tuttavia, il bando di invito alla presentazione delle candidature appare soltanto nel BURT n.40 del 7 ottobre 2010.  Passano altri tre anni e mezzo, e la designazione del Garante regionale avviene con la deliberazione di Consiglio n. 273-12286 (aprile 2014): dal 12 maggio 2014 il Garante regionale dei detenuti e delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà è Bruno Mellano.

La VALLE d’AOSTA non ha emesso una nuova legge, ma ha modificato la legge istitutiva del Difensore Civico (L.R. n.17 del 28/08/2001) e l’ha integrata con la legge regionale 1° agosto 2011 n.19 – che all’art. 2 ter recita: “Il Difensore civico svolge le funzioni di Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale attuate nel territorio regionale, secondo la disciplina stabilita dalla legge sull’ordinamento penitenziario”.  Il Consiglio regionale elegge il Difensore civico a scrutinio segreto e a maggioranza dei due terzi dei consiglieri assegnati alla Regione; dopo due votazioni consecutive senza esito, alla terza votazione è sufficiente la maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati alla Regione. Il Difensore civico dura in carica cinque anni, e può essere rieletto una sola volta.  Il Comunicato n° 45 del 1° febbraio 2012, pubblicato nel sito InfoconseilVallée, informa che il nuovo Difensore civico della Valle d’Aosta è Enrico Formento Dojot, eletto dal Consiglio regionale nella riunione del 21 dicembre 2011: un lodevole esempio di puntuale semplicità.

In  LOMBARDIA  la legge regionale del 14/2/2005 n.8 recava “disposizioni per la tutela delle persone ristrette negli istituti penitenziari della Regione Lombardia”, poi abrogata. Successivamente è stata approvata la Legge Regionale n. 18 del 6 dicembre 2010 “Disciplina del Difensore regionale” (pubblicata nel BURL n. 49, 1° supplem. ordinario del 10/12/2010).  All’art.8, commi 2 e 4, la legge recita: “Il Difensore svolge la funzione di Garante e tutela dei detenuti, dei contribuenti, dei pensionati, dei consumatori e degli utenti, secondo la disciplina stabilita dalla presente legge e dalle altre specifiche disposizioni regionali”.

Il Difensore è eletto dal Consiglio regionale con la maggioranza dei due terzi dei componenti nelle prime tre votazioni; dalla quarta votazione è sufficiente la maggioranza assoluta. Le votazioni avvengono a scrutinio segreto. Il Difensore dura in carica sei anni e non è rieleggibile. La Lombardia è molto generosa: è l’unica Regione in cui la retribuzione del Difensore prevede indennità di funzione, indennità di missione e rimborso delle spese di trasporto nella stessa misura stabilita per i consiglieri regionali.  Il 17 maggio 2011 Donato Giordano  è stato eletto con ampia maggioranza e resterà in carca fino al maggio 2017.

 

La Regione VENETO si è dotata del Garante regionale dei diritti della persona con la legge regionale 37 del 24 dicembre 2013, pubblicata nel Bur n. 115 del 27 dicembre 2013. Si tratta di una figura di garanzia che riunisce varie funzioni: difesa civica e garanzia dei diritti dei minori e delle persone ristrette negli istituti di pena.

La dott. Mirella Gallinaro, eletta il 3 marzo 2015, subentra pertanto al difensore civico Roberto Pellegrini ed anche ad Aurea Dissegna, garante per minori e detenuti.

In Veneto il Garante è eletto dal Consiglio regionale con il voto favorevole della maggioranza dei due terzi dei consiglieri assegnati per le prime due votazioni e successivamente con la maggioranza dei consiglieri assegnati, sempre a scrutinio segreto. Dura in carica tre anni dalla data del giuramento, ed è rieleggibile.

Nella Regione autonoma FRIULI VENEZIA GIULIA vige la legge regionale 16 maggio 2014, n.9 : Istituzione del Garante regionale dei diritti della persona” (pubblicata nel BUR n° 21 del 21/5/2014) con le successive modifiche del 14/11/2014 n°24.

Il Garante regionale è costituito in collegio, composto dal Presidente e da due componenti. Il Presidente esercita funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività del collegio e la funzione specifica di garanzia per i bambini e gli adolescenti. I due componenti del collegio esercitano le funzioni di garanzia per le persone private della libertà personale e per le persone a rischio di discriminazione. Presidente e ciascuno dei componenti il Garante regionale sono eletti dal Consiglio regionale, con distinte votazioni, a maggioranza di due terzi dei consiglieri assegnati. Dopo la seconda votazione nulla, sono eletti i candidati che ottengono la maggioranza assoluta dei voti.

Il Garante regionale rimane in carica per la durata di cinque anni e il suo mandato è rinnovabile una sola volta. Il 26 giugno, con decorrenza 11 settembre 2014 sono stati nominati: Fabia Mellina Bares, presidente, con funzione di garanzia per i bambini e gli adolescenti; Giuseppe Roveredo , con funzione di garanzia per le persone private della libertà personale; Walter Citti, con funzione di garanzia per le persone a rischio di discriminazione.
La Regione Autonoma TRENTINO ALTO ADIGE non è neppure nominata nell’elenco ufficiale dei Garanti regionali sul sito del Ministero della Giustizia. Alla richiesta di informazioni, la gentile signora che dirige l’ufficio affari e servizi generali risponde che “la Regione Trentino Alto Adige non ha la figura del Garante Regionale dei diritti delle persone detenute in custodia dello Stato, o figure simili. La competenza in materia è delle due Province autonome di Trento e di Bolzano”.

La Provincia autonoma di Trento ha istituito il Difensore Civico, che nel sito viene definito come segue: organo di garanzia e tutela dei diritti e degli interessi del cittadino nei confronti della Pubblica amministrazione. Interviene, d’ufficio o su richiesta, nei casi di cattiva amministrazione, per favorire il rispetto dei principi di legalità, trasparenza, imparzialità, buona amministrazione. È autonomo ed indipendente dal potere politico e libero da ogni condizionamento. Nella Provincia autonoma di Trento il ruolo di garanzia è affidato a Daniela Longo, difensore civico e Garante dei minori.

Analogamente la Provincia di Bolzano ha istituito la difesa civica, che (come risulta dal sito) tutela i diritti e gli interessi dei cittadini e delle cittadine nei confronti della pubblica amministrazione e a tal fine svolge la propria attività in modo libero e autonomo. Tra i principali compiti della Difesa civica ci sono l’esame dei reclami, l’attività d’informazione, la consulenza e la mediazione in caso di conflitti tra cittadini da una parte e pubblica amministrazione dall’altra. Paula Ladstatter è la Garante per l’infanzia e l’adolescenza a Bolzano.

Come si vede, né l’una né l’altra Provincia prevedono il compito di garantire i diritti delle persone comunque private della libertà individuale.  “La voce del Trentino”, in data 4 febbraio 2016, informava della avvenuta presentazione di ben tre diverse proposte di legge regionale: due per l’istituzione di due garanti, uno dei detenuti e uno dell’infanzia nonché una terza proposta emendativa, per eliminare dalla legge del difensore civico la non ri-eleggibilità a fine mandato. Le tre proposte hanno immediatamente sollevato proteste, non tanto sul merito, quanto sul fatto stesso che sia necessario provvedere ad un Garante regionale dei detenuti.  Il che è comprensibile, in una Regione che – per ragioni etniche e linguistiche – ha istituito il sistema della “presidenza regionale a rotazione”: la regione ha pertanto nel corso di una legislatura due presidenti, che sono in pratica i presidenti stessi delle due province autonome.

Il Trentino-Alto Adige è una regione a statuto speciale. Le sue due province, la provincia autonoma di Trento (Trentino) e la provincia autonoma di Bolzano (Alto Adige) sono le uniche province italiane che godono di uno statuto di autonomia. Le due autonomie provinciali sono molto ampie e di fatto contano più della regione stessa: specifiche norme, basate sul titolo V della Costituzione (anche prima delle modifiche del 2001), prevedono un trattamento diverso da quello delle altre Provincie, tanto è vero che partecipano anche alla Conferenza Stato-Regioni, la cui denominazione ufficiale è, per l’appunto, Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Dallo Stato Italiano le due province autonome sono dunque considerate alla stregua di regioni. Se mai i cittadini delle due provincie decideranno di avere un Garante dei diritti delle persone ristrette, è da ritenersi che non sarà un unico Garante Regionale.

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