In Conversando con

Conversando con Vittorio Emiliani

Intervista di Valter Vecellio e di Michele Lembo
Roma, 21 maggio 2016

Valter Vecellio e Michele Lembo intervistano Vittorio Emiliani, giornalista, sul suo libro di Cinquantottini. L’Unione goliardica italiana e la nascita di una classe dirigente, (Marsilio Editore), registrato domenica 22 maggio 2016 alle 11:00.

Nel corso dell’intervista sono stati trattati i seguenti temiAborto, Antifascismo, Basaglia, Cassese, Cattolicesimo, Comunismo, Corsini, Dc, Diritto, Divorzio, Ebrei, Enti Pubblici, Ernesto Rossi, Fascismo, Il Messaggero, Italia, Liberalismo, Libro, Lodi, Mariotti, Ospedali, Pannella, Partito Radicale, Pci, Politica, Psi, Resistenza, Societa’, Spinelli, Stanzani, Storia, Unione Goliardica Italiana.

Questa intervista è disponibile anche nella sola versione audio.

Fonte: Radio Radicale

Domanda: Vittorio Emiliani, giornalista di lungo corso e vecchia scuola, se mi posso permettere: quella che si è formata, per capirci nel glorioso “Giorno” di Italo Pietra e Gaetano Baldacci, ed ha costituito una delle più belle pagine del giornalismo anni fine ’50 inizio ’60; e poi inviato, editorialista, direttore del “Messaggero”, autore di una quantità di libri che meritano di trovare posto in una biblioteca degna di questo nome, cito alcuni titoli: “Gli anarchici”, “L’Italia mangiata”; “La crisi dei comuni”, “I tre Mussolini”, “Benedetti Maledetti Socialisti. Alle spalle anche una esperienza parlamentare, alla Camera, eletto dai Progressisti come socialista…che altro? Presiede il Comitato per la Bellezza, che svolge un prezioso ruolo nella conservazione e valorizzazione del nostro patrimonio culturale. La conversazione con Emiliani parte da un suo recentissimo libro, molto interessante: “I Cinquantottini”, pubblicato da Marsilio; godibilissima lettura, ancor più godibile e interessante il contenuto, le questioni affrontate. Mi affianca in questa conversazione Michele Lembo, giornalista di “Radio Radicale”. Ne “I Cinquattottini” Emiliani ci dice che per quanto si parli, e magari anche giustamente, dei “Sessantottini”, con tutto quello che di buono o meno buono hanno fatto, la vera Italia, quella che ha contato, è un’altra: è quella che nasce dieci anni prima, nel 1958, la generazione dell’Unione Goliardica Italiana, straordinaria fucina sia del Partito Radicale che del Partito Socialista, e di altre formazioni politiche. Ecco: da qui vorrei partire…

Vittorio Emiliani: “Il libro nasce in maniera curiosa; ma prima vorrei dire che c’è anche un altro libro pubblicato per la CLUEB di Bologna, di Pietro Pastorelli; si tratta di un prezioso dizionario dei personaggi. Un ex UGI anche lui, molto minuzioso, molto diligente… Il libro è molto interessante e i rapporti con lui sono stato preziosi. Ora mi rendo conto che su questa straordinaria stagione politica e culturale dell’Università Italiana, dove si formò una classe dirigente c’è pochissima letteratura: ci sono alcune ricerche di Gaetano Quagliariello, di Paolo Orsina… ma gli stessi protagonisti hanno lasciato dietro di sé poco. Io, per fortuna, ho ripescato proprio su “Notizie Radicali”, una lunga memoria rilasciata da Sergio Stanzani che fu uno dei primi, dei fondatori quasi, anche se il vero fondatore è un altro bolognese, Guido “Bobo” Rossi, credo di non sbagliare se dico che era il più anziano di tutti noi…Uno straordinario personaggio goliardico. Lo stesso Marco Pannella che dell’UGI è stato uno dei principali animatori e protagonisti, non ha scritto molto…”.

Domanda: Se posso interromperti, sciaguratamente Pannella non ne ha scritto niente… Semmai ne parla ogni tanto, ma nulla di organico, tutto è molto episodico…

Emiliani: “Per tornare al libro: nasce da una provocazione-sollecitazione di Alberto Benzoni… Una mattina mi dice: Vittorio, si parla sempre dei “sessantottini” ma noi “cinquattottini” sì che abbiamo contato nella storia…E loro, i “sessantottini”, che cosa hanno contato? Hanno fatto delle belle carriere personali, magari qualcuno ora è finito a destra… Così cominciamo a parlare di questo, e mi propone: perché non fai un intervento su questo tema a un seminario della Fondazione Brodolini sul socialismo dal ’46 a Tangentopoli?
Va bene, gli rispondo, ci penso. E butto giù una ventina di cartelle per questo seminario… E da lì viene l’idea di ripercorre gli anni che passano tra il ’46 e il ’68. E’ in quegli anni che si forma una classe dirigente di matrice liberale, liberal-socialista, radicale, in parallelo alle formazioni cattoliche come la FUCI, che esisteva da tempo, con una sua storia già molto radicata… Il problema era la periodizzazione. Così ho scelto quelli nati grossomodo fra il ’25 e il ’40. Ci sono poi alcuni “fratelli maggiori” che sono nati nel ’23, nel ’22… Il nostro conterraneo Sergio Zavoli, per esempio, tra i giornalisti, ed altri… Quindi è una storia di un’Italia laica che, in maniera quasi prodigiosa, pur avendo, invece, i partiti laici un successo scarso, nell’università sono la forza maggioritaria…”.

Domanda: Questa “origine” è uno dei meriti fondamentali di questo libro: il fare luce sulla costruzione sulle circostanze in cui nasce questa classe dirigente; classe dirigente che nasce attorno a quest’organizzazione. Questo nome, oggi, per moltissimi, i più giovani in particolare, probabilmente dice poco o nulla. Che cos’è la goliardia?

Emiliani: La goliardia era un fenomeno complesso: c’erano alcune cose che a noi davano un enorme fastidio: il vecchio sciarpone di quelli che noi chiamavamo ‘goliardoni’, i cappelli, i papiri, tutti quei falli che giravano, osceni, il dover andare in massa nelle case di tolleranza, chi non le frequentava era ritenuto un non goliardo; e poi i processi alle matricole, processi anche pesanti… Dietro tutto questo ammasso di questioni antiche, c’era però anche la cultura libera degli scolari che derivava dal Medioevo, le canzoni dei clerici vaganti…”-

Domanda: Bobo Rossi, goliarda storico, elabora il manifesto della goliardia…

Emiliani: “Sì, Bobo Rossi, bisogna riconoscerglielo:: “Goliardia è cultura e intelligenza”, straordinario motto, poi con un manifesto molto bello, anche poetico sotto molti aspetti. Era molto legato con due personaggi che hanno svolto un ruolo fondamentale nell’UGI e che poi troviamo nel Partito Radicale e nel Partito Socialista, mi riferisco a Sergio Stanzani e Franco Roccella”.

Domanda: Per non dire di Iannuzzi o Peppino Loteta… Insomma, ci sono una quantità di personaggi che hanno dato molto, che hanno fatto molto e che, adesso vorrei che tu ci aiutassi a capire e conoscere meglio che importanza hanno avuto…L’UGI e la cultura dell’UGI, poi si permea nei un po’ ovunque, non solo del Partito Radicale, del Partito Socialista…Eppure i protagonisti, gli stessi diretti interessati, hanno lasciato pochissime tracce del loro ‘fare’, del loro saper fare…

Emiliani: “Sì, è vero: questa è una nostra responsabilità. Ho cercato di riparare adesso, un po’ tardi magari, forse…Per un certo periodo, noi siamo stati preda di forme di snobismo che ci ha impedito di ripercorrere le tappe di quelle assemblee fumose, accidentate, di congressi che duravano più di notte che di giorno, che duravano due giorni in più dei tre previsti e quindi si andava al quinto, al sesto, stremati, perché non si dormiva mai…Ecco da noi è mancata, forse, la memorialistica. Pannella, per esempio, non ha scritto nulla.
Su Stanzani queste cose le devi andare a cercare con fatica, Roccella idem… Forse era una generazione che non amava la memorialistica, non lo so, viveva molto nel presente, poco nel passato”.

Domanda: E il tuo lavoro? Mancando le fonti, come ti sei mosso?

Emiliani: “Credo che se non c’è la documentazione, il “diario”, anche lo storico fa molta fatica…Io, almeno, ho faticato parecchio. Avevo un po’ di materiale mio, perché ero stato a Pavia che è stata una delle centrali dell’UGI. Ho attinto dai giornali dell’epoca, e al materiale conservato dai privati”.

Domanda: Direi che l’operazione ti è sostanzialmente riuscita: questo libro è pieno di materiale ed è anche di facile consultazione; ed è quello che serve, almeno come base per poi ulteriormente sviluppare il lavoro necessario. C’è poi un accuratissimo apparato di note che da sole valgono il libro, assicurano i riferimenti giusti, aiutano a capire e anche a cercare.

Emiliani: “L’UGI è stata un’esperienza importante per tante ragioni; per esempio per la valorizzazione delle autonomie da una parte, e per la grande fiducia nella rappresentanza; badate bene: rappresentanza, non delega. E poi il laicismo. Questi sono i pilastri fondamentali, e diventano il genoma della nostra cultura, che poi portiamo in tutte le professioni”.

Domanda: Nel tuo libro, ma anche sfogliando le fotografie che lo accompagnano, si riscontra una scarsissima presenza femminile… Ne vedo un paio: una che poi non è UGI, è Luciana Castellina, comunista… Poi una Anna Giolitti…

Emiliani: “La figlia di Antonio…”.

Domanda: Eravate venati di quello che si suole definire maschilismo?

Emiliani: “In certa misura sì. Nella prima generazione dell’UGI, quella goliardia pesante, dei bordelli, non poteva esserci una presenza femminile…
La stessa retorica goliardica era maschilista. Già con la seconda generazione si respirava un’altra aria… Io ebbi una polemica durissima con alcuni goliardi: “Basta con tutte ste mascherate…”; e venni sommerso da critiche: “Ma come, tu dirigi l’Ateneo pavese, tu sei caporedattore di Unione Goliardica…”. Mi ero limitato a dire basta ai cortei alla Pia de’ Tolomei, in cui ci si mascherava da donna… Saran pur meglio le donne…m’ero azzardato a dire…”. Cominciò così una presenza femminile, per fare un nome ricordo le presenze di Chiara Saraceno, di Bianca Beccalli, ma anche altre, una valente ricercatrice economica, Mina Vaccari; o Eleonora Riccardi… E anche nelle altre organizzazioni universitarie. Per esempio Fernanda Contri, che è stata anche Ministro e giudice costituzionale, socialista, viene dell’Intesa cattolica; anche la sociologa Ada Becchi Collidà, e tante altre…”.

Domanda: Ti propongo una riflessione: quella generazione dei “cinquantottini” sono poi i protagonisti delle grandi conquiste politiche, civili, sociali degli anni Sessanta-Settanta. E’ quella generazione che diventa protagonista e trainante in tutti i vari aspetti della vita di questo paese; eppure tutto sembra essere cristallizzato in quella fotografia che mostra un autonomo col passamontagna, pistola tenuta a due mani, che spara, durante una manifestazione a Milano…

Emiliani: “La ricordo bene quella fotografia, in quegli anni lavoravo a Milano…”.

Domanda: I cosiddetti “anni di piombo”. Sembra ci sia stato solo il terrorismo rosso e nero. Gli anni Settanta sono stati, invece, gli anni delle grandi vittorie riformatrici: lo Statuto dei lavoratori, il divorzio, la non punibilità dell’aborto, la legge sull’affermazione di coscienza, il diritto di famiglia, il voto ai diciottenni, l’abolizione del regime manicomiale. Ho elencato solo alcune delle importanti riforme di quegli anni. Tutte riforme che sono figlie dei “cinquantottini”, sono loro che le hanno volute e per quelle riforme hanno lottato e anche duramente…Sono tutte riforme, su questioni che oggi vengono vissute come normali, come l’aria che si respira, l’acqua che si beve quando si ha sete. Non si ha memoria di quanto invece siano costate: in termini personali, di impegno, lotta, anche di carcere; per fare un esempio: perché l’aborto non fosse più reato, quattro persone sono finite in carcere: si chiamano Emma Bonino, Giorgio Conciani, Adele Faccio, Gianfranco Spadaccia.
C’è una sorta di “damnatio memoriae”

Emiliani: “Tocchi un tasto cruento, e infatti il mio libro vuole anche essere un recupero rispetto a questa “damnatio memoriae” che ha investito in parte, tutto il processo riformatore. Quella stagione io l’ho vissuto stando a “Il Giorno”, dopo la morte di Enrico Mattei; e devo dire che non fu facile. Si deve alla grandezza di Italo Pietra se si riuscì a pilotare in quel mare in tempesta quel vascello senza che fosse travolto. Ricordo che i democristiani ci sparavano addosso ogni giorno…”.

Domanda: Alle spalle avevate l’ENI che non era più quella di Mattei ma di Eugenio Cefis…

Emiliani: “Ma Cefis però sul giornale non incideva molto, lui non amava la stampa in genere, e riteneva “Il Giorno” il “dente cariato” dell’ENI. Poi aveva concepito, nei confronti di Pietra, un’amicizia di tipo militare: Cefis veniva dall’Accademia di Modena, Pietra dalla Scuola di Guerra di Pinerolo; rimasero amici al punto che poi lo nominò direttore de “Il Messaggero” quando la proprietà diventò Montedison; litigarono per la vita (poi Pietra era un uomo ferrigno, da questo punto di vista era un celta, un “Gallo Iriato”, gli dicevo qualche volta, perché veniva dalla montagna Oltrepò, dove c’erano queste comunità di Galli che non si rassegnarono mai al dominio di Roma e per questo venivano deportati e perseguitati, continuavano a far guerriglie, guerre…
E lui ruppe per sempre l’amicizia con Cefis, perché Cefis, gli disse, nel licenziarlo, per conto della Democrazia Cristiana, stranamente il 15 giugno del ’75: se avesse aspettato le tre del pomeriggio, uscivano i primi dati di quella straordinaria rivoluzione del 15 giugno del ’75…

Domanda: Le elezioni regionali…

Emiliani: “Le elezioni regionali e comunali dove praticamente tutti i grandi comuni italiani vennero conquistati dalla sinistra. I grandi comuni e le regioni. Detto questo, non saprei dire perché Cefis licenziò Pietra, perché Cefis era una persona abile, astuta…”.

Domanda: Torniamo alla stagione degli anni Settanta…

Emiliani: “Hanno una caratteristica: tutte le leggi di quegli anni erano parlamentari: dal divorzio in poi sono leggi che venivano presentate, dibattute, duramente discusse, e poi approvate anche con maggioranze che non necessariamente erano quelle che sostenevano i governi di allora. Se sfogliamo i resoconti parlamentari di allora, e guardiamo i lavori di Camera e Senato di oggi… Beh, i commenti li lascio a voi…”.

(conversazione non rivista dall’autore)

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Valter Vecellio e Michele Lembo intervistano Vittorio Emiliani, giornalista, sul suo libro di Cinquantottini. L’Unione goliardica italiana e la nascita di una classe dirigente, (Marsilio Editore), registrato domenica 22 maggio 2016 alle 11:00.

Nel corso dell’intervista sono stati trattati i seguenti temiAborto, Antifascismo, Basaglia, Cassese, Cattolicesimo, Comunismo, Corsini, Dc, Diritto, Divorzio, Ebrei, Enti Pubblici, Ernesto Rossi, Fascismo, Il Messaggero, Italia, Liberalismo, Libro, Lodi, Mariotti, Ospedali, Pannella, Partito Radicale, Pci, Politica, Psi, Resistenza, Societa’, Spinelli, Stanzani, Storia, Unione Goliardica Italiana.

Questa intervista è disponibile anche nella sola versione audio.

Fonte: Radio Radicale

+ TESTO

Domanda: Vittorio Emiliani, giornalista di lungo corso e vecchia scuola, se mi posso permettere: quella che si è formata, per capirci nel glorioso “Giorno” di Italo Pietra e Gaetano Baldacci, ed ha costituito una delle più belle pagine del giornalismo anni fine ’50 inizio ’60; e poi inviato, editorialista, direttore del “Messaggero”, autore di una quantità di libri che meritano di trovare posto in una biblioteca degna di questo nome, cito alcuni titoli: “Gli anarchici”, “L’Italia mangiata”; “La crisi dei comuni”, “I tre Mussolini”, “Benedetti Maledetti Socialisti. Alle spalle anche una esperienza parlamentare, alla Camera, eletto dai Progressisti come socialista…che altro? Presiede il Comitato per la Bellezza, che svolge un prezioso ruolo nella conservazione e valorizzazione del nostro patrimonio culturale. La conversazione con Emiliani parte da un suo recentissimo libro, molto interessante: “I Cinquantottini”, pubblicato da Marsilio; godibilissima lettura, ancor più godibile e interessante il contenuto, le questioni affrontate. Mi affianca in questa conversazione Michele Lembo, giornalista di “Radio Radicale”. Ne “I Cinquattottini” Emiliani ci dice che per quanto si parli, e magari anche giustamente, dei “Sessantottini”, con tutto quello che di buono o meno buono hanno fatto, la vera Italia, quella che ha contato, è un’altra: è quella che nasce dieci anni prima, nel 1958, la generazione dell’Unione Goliardica Italiana, straordinaria fucina sia del Partito Radicale che del Partito Socialista, e di altre formazioni politiche. Ecco: da qui vorrei partire…

Vittorio Emiliani: “Il libro nasce in maniera curiosa; ma prima vorrei dire che c’è anche un altro libro pubblicato per la CLUEB di Bologna, di Pietro Pastorelli; si tratta di un prezioso dizionario dei personaggi. Un ex UGI anche lui, molto minuzioso, molto diligente… Il libro è molto interessante e i rapporti con lui sono stato preziosi. Ora mi rendo conto che su questa straordinaria stagione politica e culturale dell’Università Italiana, dove si formò una classe dirigente c’è pochissima letteratura: ci sono alcune ricerche di Gaetano Quagliariello, di Paolo Orsina… ma gli stessi protagonisti hanno lasciato dietro di sé poco. Io, per fortuna, ho ripescato proprio su “Notizie Radicali”, una lunga memoria rilasciata da Sergio Stanzani che fu uno dei primi, dei fondatori quasi, anche se il vero fondatore è un altro bolognese, Guido “Bobo” Rossi, credo di non sbagliare se dico che era il più anziano di tutti noi…Uno straordinario personaggio goliardico. Lo stesso Marco Pannella che dell’UGI è stato uno dei principali animatori e protagonisti, non ha scritto molto…”.

Domanda: Se posso interromperti, sciaguratamente Pannella non ne ha scritto niente… Semmai ne parla ogni tanto, ma nulla di organico, tutto è molto episodico…

Emiliani: “Per tornare al libro: nasce da una provocazione-sollecitazione di Alberto Benzoni… Una mattina mi dice: Vittorio, si parla sempre dei “sessantottini” ma noi “cinquattottini” sì che abbiamo contato nella storia…E loro, i “sessantottini”, che cosa hanno contato? Hanno fatto delle belle carriere personali, magari qualcuno ora è finito a destra… Così cominciamo a parlare di questo, e mi propone: perché non fai un intervento su questo tema a un seminario della Fondazione Brodolini sul socialismo dal ’46 a Tangentopoli?
Va bene, gli rispondo, ci penso. E butto giù una ventina di cartelle per questo seminario… E da lì viene l’idea di ripercorre gli anni che passano tra il ’46 e il ’68. E’ in quegli anni che si forma una classe dirigente di matrice liberale, liberal-socialista, radicale, in parallelo alle formazioni cattoliche come la FUCI, che esisteva da tempo, con una sua storia già molto radicata… Il problema era la periodizzazione. Così ho scelto quelli nati grossomodo fra il ’25 e il ’40. Ci sono poi alcuni “fratelli maggiori” che sono nati nel ’23, nel ’22… Il nostro conterraneo Sergio Zavoli, per esempio, tra i giornalisti, ed altri… Quindi è una storia di un’Italia laica che, in maniera quasi prodigiosa, pur avendo, invece, i partiti laici un successo scarso, nell’università sono la forza maggioritaria…”.

Domanda: Questa “origine” è uno dei meriti fondamentali di questo libro: il fare luce sulla costruzione sulle circostanze in cui nasce questa classe dirigente; classe dirigente che nasce attorno a quest’organizzazione. Questo nome, oggi, per moltissimi, i più giovani in particolare, probabilmente dice poco o nulla. Che cos’è la goliardia?

Emiliani: La goliardia era un fenomeno complesso: c’erano alcune cose che a noi davano un enorme fastidio: il vecchio sciarpone di quelli che noi chiamavamo ‘goliardoni’, i cappelli, i papiri, tutti quei falli che giravano, osceni, il dover andare in massa nelle case di tolleranza, chi non le frequentava era ritenuto un non goliardo; e poi i processi alle matricole, processi anche pesanti… Dietro tutto questo ammasso di questioni antiche, c’era però anche la cultura libera degli scolari che derivava dal Medioevo, le canzoni dei clerici vaganti…”-

Domanda: Bobo Rossi, goliarda storico, elabora il manifesto della goliardia…

Emiliani: “Sì, Bobo Rossi, bisogna riconoscerglielo:: “Goliardia è cultura e intelligenza”, straordinario motto, poi con un manifesto molto bello, anche poetico sotto molti aspetti. Era molto legato con due personaggi che hanno svolto un ruolo fondamentale nell’UGI e che poi troviamo nel Partito Radicale e nel Partito Socialista, mi riferisco a Sergio Stanzani e Franco Roccella”.

Domanda: Per non dire di Iannuzzi o Peppino Loteta… Insomma, ci sono una quantità di personaggi che hanno dato molto, che hanno fatto molto e che, adesso vorrei che tu ci aiutassi a capire e conoscere meglio che importanza hanno avuto…L’UGI e la cultura dell’UGI, poi si permea nei un po’ ovunque, non solo del Partito Radicale, del Partito Socialista…Eppure i protagonisti, gli stessi diretti interessati, hanno lasciato pochissime tracce del loro ‘fare’, del loro saper fare…

Emiliani: “Sì, è vero: questa è una nostra responsabilità. Ho cercato di riparare adesso, un po’ tardi magari, forse…Per un certo periodo, noi siamo stati preda di forme di snobismo che ci ha impedito di ripercorrere le tappe di quelle assemblee fumose, accidentate, di congressi che duravano più di notte che di giorno, che duravano due giorni in più dei tre previsti e quindi si andava al quinto, al sesto, stremati, perché non si dormiva mai…Ecco da noi è mancata, forse, la memorialistica. Pannella, per esempio, non ha scritto nulla.
Su Stanzani queste cose le devi andare a cercare con fatica, Roccella idem… Forse era una generazione che non amava la memorialistica, non lo so, viveva molto nel presente, poco nel passato”.

Domanda: E il tuo lavoro? Mancando le fonti, come ti sei mosso?

Emiliani: “Credo che se non c’è la documentazione, il “diario”, anche lo storico fa molta fatica…Io, almeno, ho faticato parecchio. Avevo un po’ di materiale mio, perché ero stato a Pavia che è stata una delle centrali dell’UGI. Ho attinto dai giornali dell’epoca, e al materiale conservato dai privati”.

Domanda: Direi che l’operazione ti è sostanzialmente riuscita: questo libro è pieno di materiale ed è anche di facile consultazione; ed è quello che serve, almeno come base per poi ulteriormente sviluppare il lavoro necessario. C’è poi un accuratissimo apparato di note che da sole valgono il libro, assicurano i riferimenti giusti, aiutano a capire e anche a cercare.

Emiliani: “L’UGI è stata un’esperienza importante per tante ragioni; per esempio per la valorizzazione delle autonomie da una parte, e per la grande fiducia nella rappresentanza; badate bene: rappresentanza, non delega. E poi il laicismo. Questi sono i pilastri fondamentali, e diventano il genoma della nostra cultura, che poi portiamo in tutte le professioni”.

Domanda: Nel tuo libro, ma anche sfogliando le fotografie che lo accompagnano, si riscontra una scarsissima presenza femminile… Ne vedo un paio: una che poi non è UGI, è Luciana Castellina, comunista… Poi una Anna Giolitti…

Emiliani: “La figlia di Antonio…”.

Domanda: Eravate venati di quello che si suole definire maschilismo?

Emiliani: “In certa misura sì. Nella prima generazione dell’UGI, quella goliardia pesante, dei bordelli, non poteva esserci una presenza femminile…
La stessa retorica goliardica era maschilista. Già con la seconda generazione si respirava un’altra aria… Io ebbi una polemica durissima con alcuni goliardi: “Basta con tutte ste mascherate…”; e venni sommerso da critiche: “Ma come, tu dirigi l’Ateneo pavese, tu sei caporedattore di Unione Goliardica…”. Mi ero limitato a dire basta ai cortei alla Pia de’ Tolomei, in cui ci si mascherava da donna… Saran pur meglio le donne…m’ero azzardato a dire…”. Cominciò così una presenza femminile, per fare un nome ricordo le presenze di Chiara Saraceno, di Bianca Beccalli, ma anche altre, una valente ricercatrice economica, Mina Vaccari; o Eleonora Riccardi… E anche nelle altre organizzazioni universitarie. Per esempio Fernanda Contri, che è stata anche Ministro e giudice costituzionale, socialista, viene dell’Intesa cattolica; anche la sociologa Ada Becchi Collidà, e tante altre…”.

Domanda: Ti propongo una riflessione: quella generazione dei “cinquantottini” sono poi i protagonisti delle grandi conquiste politiche, civili, sociali degli anni Sessanta-Settanta. E’ quella generazione che diventa protagonista e trainante in tutti i vari aspetti della vita di questo paese; eppure tutto sembra essere cristallizzato in quella fotografia che mostra un autonomo col passamontagna, pistola tenuta a due mani, che spara, durante una manifestazione a Milano…

Emiliani: “La ricordo bene quella fotografia, in quegli anni lavoravo a Milano…”.

Domanda: I cosiddetti “anni di piombo”. Sembra ci sia stato solo il terrorismo rosso e nero. Gli anni Settanta sono stati, invece, gli anni delle grandi vittorie riformatrici: lo Statuto dei lavoratori, il divorzio, la non punibilità dell’aborto, la legge sull’affermazione di coscienza, il diritto di famiglia, il voto ai diciottenni, l’abolizione del regime manicomiale. Ho elencato solo alcune delle importanti riforme di quegli anni. Tutte riforme che sono figlie dei “cinquantottini”, sono loro che le hanno volute e per quelle riforme hanno lottato e anche duramente…Sono tutte riforme, su questioni che oggi vengono vissute come normali, come l’aria che si respira, l’acqua che si beve quando si ha sete. Non si ha memoria di quanto invece siano costate: in termini personali, di impegno, lotta, anche di carcere; per fare un esempio: perché l’aborto non fosse più reato, quattro persone sono finite in carcere: si chiamano Emma Bonino, Giorgio Conciani, Adele Faccio, Gianfranco Spadaccia.
C’è una sorta di “damnatio memoriae”

Emiliani: “Tocchi un tasto cruento, e infatti il mio libro vuole anche essere un recupero rispetto a questa “damnatio memoriae” che ha investito in parte, tutto il processo riformatore. Quella stagione io l’ho vissuto stando a “Il Giorno”, dopo la morte di Enrico Mattei; e devo dire che non fu facile. Si deve alla grandezza di Italo Pietra se si riuscì a pilotare in quel mare in tempesta quel vascello senza che fosse travolto. Ricordo che i democristiani ci sparavano addosso ogni giorno…”.

Domanda: Alle spalle avevate l’ENI che non era più quella di Mattei ma di Eugenio Cefis…

Emiliani: “Ma Cefis però sul giornale non incideva molto, lui non amava la stampa in genere, e riteneva “Il Giorno” il “dente cariato” dell’ENI. Poi aveva concepito, nei confronti di Pietra, un’amicizia di tipo militare: Cefis veniva dall’Accademia di Modena, Pietra dalla Scuola di Guerra di Pinerolo; rimasero amici al punto che poi lo nominò direttore de “Il Messaggero” quando la proprietà diventò Montedison; litigarono per la vita (poi Pietra era un uomo ferrigno, da questo punto di vista era un celta, un “Gallo Iriato”, gli dicevo qualche volta, perché veniva dalla montagna Oltrepò, dove c’erano queste comunità di Galli che non si rassegnarono mai al dominio di Roma e per questo venivano deportati e perseguitati, continuavano a far guerriglie, guerre…
E lui ruppe per sempre l’amicizia con Cefis, perché Cefis, gli disse, nel licenziarlo, per conto della Democrazia Cristiana, stranamente il 15 giugno del ’75: se avesse aspettato le tre del pomeriggio, uscivano i primi dati di quella straordinaria rivoluzione del 15 giugno del ’75…

Domanda: Le elezioni regionali…

Emiliani: “Le elezioni regionali e comunali dove praticamente tutti i grandi comuni italiani vennero conquistati dalla sinistra. I grandi comuni e le regioni. Detto questo, non saprei dire perché Cefis licenziò Pietra, perché Cefis era una persona abile, astuta…”.

Domanda: Torniamo alla stagione degli anni Settanta…

Emiliani: “Hanno una caratteristica: tutte le leggi di quegli anni erano parlamentari: dal divorzio in poi sono leggi che venivano presentate, dibattute, duramente discusse, e poi approvate anche con maggioranze che non necessariamente erano quelle che sostenevano i governi di allora. Se sfogliamo i resoconti parlamentari di allora, e guardiamo i lavori di Camera e Senato di oggi… Beh, i commenti li lascio a voi…”.

(conversazione non rivista dall’autore)

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