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Conversando con Emanuele Macaluso

Intervista di Valter Vecellio
Roma, 28 novembre 2015

Valter Vecellio intervista Emanuele Macaluso, scrittore e giornalista.

L’intervista è stata registrata domenica 29 novembre 2015 alle 11:00.

Nel corso dell’intervista sono stati trattati i seguenti temi: Antifascismo, Bologna, Cattolicesimo, Comunismo, Concordato, Corte Costituzionale, Cultura, Dc, Democratici Di Sinistra, Democrazia, Diritti Civili, Diritti Umani, Diritto, Elezione Membri, Elezioni, Fascismo, Fittipaldi, Formazione, Forza Italia, Giovani, Giustizia, Informazione, Intellettuali, Istituzioni, Italia, L’unita’, LaMargherita, Laicita’, Lega Nord, Liberalismo, Magistratura, Messaggio, Movimento 5 Stelle, Napoli, Napolitano, Nuzzi, Pannella, Parlamento, Partiti, Partito Democratico, Partito Radicale, Pasolini, Pci, Pds, Politica, Presidenza Della Repubblica, Primarie, Questione Meridionale, Referendum, Roma, Scandali, Sciascia, Sindaci, Socialismo, Societa’, Stato, Storia, Vaticano, Vittorini.

Questa intervista è disponibile anche nella sola versione audio.

Fonte: Radio Radicale

Domanda: Il senatore Emanuele Macaluso è, ed è stato, tante cose: autorevole dirigente del PCI, storico esponente e se mi passa l’espressione, coscienza critica e tra le più lucide, della sinistra; giornalista, ha diretto “’Unità” e “Il Riformista”, autore di numerosi saggi, per tutti voglio citarne uno che credo particolarmente riuscito: quello su Leonardo Sciascia e il suo rapporto con ii comunisti: rapporto di vicinanza, poi i contrasti, infine la definitiva rottura; ma anche nei momenti di dissenso, non è mai venuta meno il legame di amicizia che vi legava. Ne vorrei parlare con lei, di Sciascia, ma anche di altri personaggi che, ha conosciuto e frequentato, come Elio Vittorini, o Pier Paolo Pasolini. Ma prima vorrei parlare di Partito Democratico e della sinistra; non dico si sia in una situazione da encefalogramma piatta, ma poco ci manca: a Roma, a Napoli, un po’ ovunque…

Emanuele Macaluso: “Innanzitutto vorrei fare una precisazione: il Partito Democratico non è l’erede del Partito Comunista, e non è neppure l’erede della sinistra italiana. Il PD nasce da una fusione a freddo: quando ci fu, scrissi uno dei miei libri, dicendo appunto, intitolato Al capolinea; ritenevo che la fusione tra DS e Margherita fosse un amalgama non riuscito. Un  aggregato a cui si sono aggiunti, via via, una serie di personaggi anche locali provenienti da varie parti; anche perché la destra è sfasciata, non ci sono forze centriste. Ora sono venuti fuori i grillini, che non sono nemmeno loro un partito…Insomma, ci sono una serie di aggregati, che poco o nulla hanno a che fare con quella linea politica, valori e ideali, degli anni della cosiddetta prima repubblica. E accade quello che vediamo…”.

D.: Puglia…

Macaluso: “Puglia, Abruzzo, Lazio… I governatori sono tutti del PD. Però, ecco, il governatore, diciamo, chiamiamolo Presidente della Sicilia o della Calabria, o anche della Puglia, sono uomini che si riconoscono e che Renzi riconosce come portatori della sua politica? No! Guardiamo a quello che è avvenuto ancora recentemente in Campania. chi ha vinto in Campania? De Luca, che aveva un consenso che viene dal modo in cui ha governato la sua città. Bene per quel che riguarda il recupero di una città, pur con molto clientelismo, molto personalismo, eccetera… Lo stesso in Puglia: un magistrato che è ancora in organico, che ha fatto il segretario del partito, ha fatto…”.

D.: Non solo è ancora magistrato, ma ha fatto il magistrato dove si è fatto eleggere.

Macaluso: “Sì, dove si è fatto eleggere e dove ha fatto pure il segretario regionale del partito… Quindi il PD governa il Mezzogiorno, ma lo fa male: la questione meridionale con la presenza di questi governatori è riesplosa… Era stata cancellata come questione politica, riemerge per fattacci, diciamo così, politici: di mafia, di camorra, di corruzione… Non c’è più, all’ordine del giorno, nel Mezzogiorno, una battaglia politica, sociale, un movimento di riscatto… Per questo dico: attenzione. Il PD non è l’erede, è un’altra cosa. Noi dobbiamo sapere che c’è stato un mutamento nell’assetto politico italiano. Ormai sono passati più di vent’anni dal 1992, da quando si è determinata la crisi dei partiti storici tradizionali e, nella sinistra è avvenuto questo processo di decomposizione e ricomposizione di un’altra forza, il PD appunto. Nella destra la stessa cosa: ormai c’è un pezzo di Berlusconi, un pezzo della Lega, pezzetti vari di schegge uscite da Forza Italia o dalla Lega. Manca una vera forza di centro. C’è anche l’aggregazione via web di Grillo, il quale non anche lui, né che è un partito che ha un’idea, diciamo così, di Stato, un’idea di società…”.

D.: Il programma di Grillo si può riassumere in due parole: ‘No, basta!’; è il partito del rifiuto, di chi è arrivato alla conclusione che sono tutti uguali e non c’è differenza; lo dico come paradosso: forse Grillo lo dobbiamo un po’ ringraziare: quella parte di opinione pubblica che a torto o a ragione si chiama fuori grazie a lui e al suo movimento trova comunque una sponda istituzionale…”. altri.”
Macaluso: “Sì, in parte lo si può condividere questo ragionamento. Però è anche vero che c’è Grillo che dà le indicazioni via web, i parlamentari del Movimento 5 Stelle che devono seguire pedissequamente le indicazioni che piovono dall’alto… GianCama è una cinta istituzionale, non lo so… Perché la posizione, la cosa grave di questo… È che, siccome non c’è un collettivo, c’è Grillo, c’è Casaleggio, che, attraverso il web, dettano, diciamo così, le indicazioni sul che fare e come. Io naturalmente spero che si mantengano dentro una cornice istituzionale: ma cosa sarà di un Paese che viene governato da una forza che giustamente, come dice lei, nasce sul fatto di una negazione, senza un progetto politico? Il fatto che lì si siano ‘rifugiati’ tutti quelli che vogliono dare uno sputo a quello che vedono e, per sputare, votano Grillo… ecco, questo è il segno di un degrado che dobbiamo arginare. Perché poi, quando si assumono incarichi di governo nelle istituzioni, non basta dire NO…”.

D.: Parma è un caso da manuale. Il programma elettorale è di un certo tipo, poi bisogna misurarsi con una realtà che non fa sconti…

Macaluso: “Pizzarotti, sindaco ‘grillino’ quando poi vuole governare, viene scomunicato…”.

D.: Grillo non ammette dissensi. Chi non è d’accordo viene espulso…

Macaluso: “…Ma non accade solo a Parma. A Livorno i grillini bocciano il bilancio del loro sindaco; che poi dice che forse hanno fatto bene a bocciarlo. C’è una situazione in cui, francamente, si fatica a capirli. Questo per i Comuni. Non parliamo poi in Parlamento, nelle istituzioni, gli sbandamenti sulla politica estera: un giorno dice viva Putin, il giorno dopo lo manderebbe in galera. Ecco tutto ciò per me è motivo di preoccupazione”.

D.: Siamo sull’orlo di un precipizio, e tanti, tuttavia, continuano tranquillamente a ballare come se nulla fosse…

Macaluso: “Osservo questo: chi ci governa non ha più un rapporto con gli elettori; i parlamentari non essendo stati direttamente eletti dagli elettori, ma per ‘graduatoria’ non hanno più l’ansia di dire: ‘Io rappresento gli elettori…’”.

D.: Come Costituzione peraltro prevede…Lei è stato un dirigente politico, ma anche in parallelo, un’intensa attività giornalistica. Non crede che ci sia anche una responsabilità di chi ha il compito di fare informazione?

Macaluso: “Indubbiamente nella crisi politica delle istituzioni, una responsabilità pesante ricade sui mezzi di informazione. Soprattutto oggi: perché prima, bene o male, c’erano anche altri ‘canali’: i partiti, i movimenti… Oggi si guarda la televisione, i social network, gli altri strumenti di comunicazione che fanno da surrogato dei tradizionali mezzi di informazione. La situazione da un po’ di tempo è questa: la surroga da un canto viene dai magistrati; dall’altro dai mezzi di informazione; sono le due forze che determinano in maniera decisiva anche le questioni politiche”.

D.: La violazione delle regole è sistematica e continua. Faccio un esempio clamoroso: lei ricorda certamente il messaggio del Presidente emerito Giorgio Napolitano che ci richiamava in maniera inequivoca all’ordine di una serie di diritti calpestati. Abbiamo avuto un Parlamento che, praticamente, ha preso questo documento (era l’unico messaggio che il Presidente ha mandato nelle forme costituzionali previste), e l’ha chiuso in un cassetto, dicendo in sosanza: ‘Non ce ne importa nulla, di quello che dici’. È stato anche una sorta di oltraggio alla figura del Presidente della Repubblica.”

Macaluso: “Non c’è dubbio: si doveva almeno dovevano aprire una discussione parlamentare”.

D.: “Infatti, in questo senso dico, è stato un oltraggio alla figura non tanto di Napolitano, ma del Presidente della Repubblica che, solennemente, manda un messaggio e…

Macaluso: “E lo archiviano in questo modo, sì… Penso che ci sia anche una responsabilità dei Presidenti delle Camere… Perché quel messaggio l’hanno ricevuto loro per primo. Non basta dire: ‘Badate che è arrivato un messaggio, lo stampiamo, ve lo rendiamo noto…’ No. Dovevano dire anche: ‘È arrivato un messaggio del Capo dello Stato, in cui sono affrontate tutta una serie di questioni che riguardano soprattutto la giustizia, che riguardano anche il modo con cui questo Paese, anche rispetto all’Europa, si colloca rispetto a questi temi, dobbiamo discutere questa questione’. Poi sarà la responsabilità del Governo di mettere mano, diciamo così, alle modifiche. Sarà responsabilità dei gruppi parlamentari di pigliare atto e di operare in quella direzione”.
D.:: Senatore, è una situazione ben triste… come uscirne?

Macaluso: “Io ho cominciato a fare politica quando ero un ragazzino si può dire, quando ho aderito clandestinamente alla lotta antifascista nel PCI. Nel 1941 avevo diciassette anni; ero nel gruppo con Leonardo Sciascia, che pur non essendo mai stato comunista, era con noi, quegli anni; la racconta lui stesso molto bene, in pagine bellissime, questa storia; e c’era un compagno che era mio affettuoso amico, Gino Cortese: lui ci introdusse nell’organizzazione. Poi, a Liberazione avvenuta, ho seguito tutto il percorso: dirigente sindacale, i grandi movimenti dei contadini…”.

D.: In Sicilia, in quegli anni, non era facile allora.

Macaluso: “No non era facile. E con tutto, sia nel partito che in Parlamento non ho mai avuto l’amarezza e anche la difficoltà a capire le cose come accade oggi. Mi chiedeva come uscire da questa situazione… Ecco, forse quello che manca oggi è la speranza. La speranza, secondo me, è la molla di tutto; anche sotto il fascismo c’era la speranza di riuscire a sconfiggere il fascismo, vincere la guerra, conquistare la libertà e la democrazia. Poi c’era la speranza di ricostruire il Paese… Io avevo una speranza, chi era cattolico democristiano ne aveva un’altra; un’altra ancora chi era liberale, laico o radicale. Speranze diverse, ma c’erano. Si lavorava perché il paese potesse progredire… E tutto sommato quest’incrocio di speranze ha effettivamente fatto progredire il Paese. Io oggi la domanda che pongo è: un giovane quale speranza può avere? Parlo della speranza sua, correlata con la speranza del Paese. Quel giovane oggi cosa vede? Ai miei tempi c’era il tunnel della guerra, del fascismo, poi quello anche del dopoguerra, però si vedeva la possibilità che la luce spuntasse, che alla fine da quel tunnel si sarebbe emersi. Oggi non mi sembra sia così… La cosa che mi turba è che non lo vedo io che ho quell’età che ho, ma non lo vedono i giovani. Con loro ci parlo, vado nelle università, faccio tanti incontri. Questi giovani lo chiedono a me come uscirne, non hanno più una speranza e il tutto è affidato a un’incertezza; non ci sono aggregazioni per cui si spinge verso una direzione. I partiti, il sindacato sono in crisi per mille motivi, non hanno più quel ruolo che avevano prima. I mezzi di informazione sono quelli che sono…”.

D.: Se a queste sue affermazioni rispondo con quello che dice spesso Pannella, “Spes contra Spem”, cercare di essere speranza più che avere speranza…?

Macaluso: “Sì, ma per essere praticabile, le persone devono potersi aggregare. Questo è il punto. L singola persona, il solo individuo non può fare nulla”.

D.: Durante gli anni bui del fascismo gli antifascisti erano non avevano molta compagnia...

Macaluso: “No, non erano molti. Ma sapevano che non erano soli. Sapevano che c’erano altri come loro, nel mondo, e nella stessa Italia…”.

D.: Isolati, ma non soli…

Macaluso: “C’era un aggregato, qualcosa che li teneva insieme… Quindi la speranza veniva dal fatto di sapere che c’era tanta gente che rifletteva e agiva come loro riflettevano e agivano. Secondo me, i partiti, con tutti i limiti che sappiamo, hanno dato questa consapevolezza, questa speranza… Quando uno si aggregava in un partito era insieme ad altri. Si poteva confrontare; se non c’è questo… Così: è giusto quello che dice Pannella, la speranza è anche il modo con cui ci si rapporti… Penso che la speranza si possa spendere se si riesce ad aggregare gli altri. Oggi questo manca, manca la possibilità dell’aggregazione. C’è molto individualismo. Si ritiene che il singolo possa risolvere tutto. Non è così”.

D.: E’ paradossale… Viviamo in un mondo dove dicono: “Sei eternamente connesso, basta un click e hai il mondo ai tuoi piedi, conosci tutto, vedi tutto, non hai bisogno di muoverti dallo schermo; al tempo stesso corriamo il rischio di vivere in un pericoloso isolamento ed estraniamento…
Macaluso: “Guardi, io penso che i mezzi di comunicazione moderni, siano una grande cosa; ma è indispensabile aggregarsi, riuscire a comunicare, e questo non lo si fa con una tastiera, uno schermo… Le persone devono vedersi, incontrarsi, avere rapporti, una loro comunicazione; le persone devono toccarsi, stare insieme. Il mondo del web è bello, ma si rischia una solitudine che non porta a nulla. Per questo credo che il problema dell’aggregazione tra le persone sia la cosa essenziale; è lo stare insieme per obiettivi comuni, lo stare insieme con le persone che anche la pensano diversamente, ma che poi si incontrano e discutono, fanno delle battaglie… È quello che oggi manca. I partiti hanno avuto questo ruolo. Allora: dobbiamo rifare i partiti così com’erano? Certo che no. Ma qualcosa si deve trovare. La via del web non credo sia la strada soddisfacente. È certamente un mezzo con cui bisogna fare i conti, e credo che sia una sciocchezza quella di credere che sia una sorta di Satana. Sono i nuovi mezzi di comunicazione della modernità; ma i problemi nascono quando questo mezzo non è usato per sollecitare la comunicazione, per sollecitare l’aggregazione delle persone, e diventa uno strumento, al di là delle volontà, che separa le persone”.

D.: Senatore, c’è da dire che ogni volta che i cittadini si sono liberamente espressi, per esempio con lo strumento referendario, sono stati regolarmente traditi. E al di là della questione in gioco, agli italiani in sostanza si è detto: “La tua opinione non conta niente, noi facciamo quello che ci pare”. Quando si viene trattati da sudditi, poi come ci si può lamentare del fatto che appunto si vive in una situazione di sudditanza? Mi sembra che questo contesto “aiuti” questa solitudine di cui si parlava prima.

Macaluso: “Sì. Ma la sudditanza si vince combattendola. In definitiva, anche voi radicali quando facevate i referendum, aggregavate le persone, perché dovevate raccogliere le firme, preparavate i banchetti, parlavate con le persone per convincerli che quel referendum era importante, serviva… Era un modo di comunicare per vincere la sudditanza: “Badate, che bisogna partecipare attraverso questo canale”… era uno dei canali, importante… Anche quello era un modo di aggregare: cinquecentomila persone che firmano e poi fare una campagna perché attorno a quel tema le persone si riconoscano e si impegnino, era un modo per aggregare e vincere la sudditanza, per vincere…”.

D.: Ma quando il risultato del referendum viene tradito sistematicamente, che si fa? Il cittadino ha diritto di sentirsi preso un po’ per i fondelli…

Macaluso: “Alcuni referendum sono stati traditi, altri no, perché poi il divorzio c’è stato, perché poi l’aborto c’è stato…”.

D.: Tanti altri sono stati traditi…quello sulla giustizia, sul finanziamento pubblico…

Macaluso: “Un referendum che sembrava perso, è quello per la maternità…”.

D.:  La legge 40

Macaluso: “Quel referendum lo si è perso perché…”.

D.: Per un bel combinato disposto di potere.

Macaluso: “Per un combinato disposto di potere, sì. Poi la legge è stata smontata dalle sentenze. Ma perché? Perché quella campagna, quella battaglia, ha creato delle coscienze, delle persone che si sono ribellate alla Legge 40, si sono rivolte al magistrato, fatto battaglie, eccetera, eccetera… E’ stato perso, però, ha creato una coscienza, delle coscienze.

Le persone hanno capito che non erano sole, che c’erano altri che si sentivano traditi e che bisognava continuare con altri canali…”.

D.: Con le giurisdizioni. Però quello che stiamo dicendo ora, non smentisce un po’ quello che abbiamo detto cinque minuti fa? Ancora un motivo di speranza nel fatto che si riesce a essere speranza ce l’abbiamo.

Macaluso: “Sì, ma io parlo… La speranza di cui parlavo io era uno sbocco politico”.

D.: Vale a dire: la coppia che si rivolge alla giurisdizione diventa lei stessa speranza e fa politica nel senso che lei dice.

Macaluso: “Sì, non c’è dubbio; però la mia preoccupazione è che le Camere, i centri del potere fondamentale che io penso siano soprattutto i Parlamenti, non siano all’altezza, almeno in questo momento… Lei dice: “Ci saranno alle prossime elezioni…”; ma con quella legge elettorale già aggiustata, questi partiti che sono quelli che sono, no so se le cose potranno cambiare in modo da dare ai cittadini la riapertura di una speranza. Questa è la questione, ed è la ragione del mio pessimismo… Spero in una cosa: nelle nuove generazioni. Perché ci sono dei giovani che cominciano a pensare sa, che pensano; che cominciano ad avere delle idee giuste, diciamo così, e vogliono combattere. E questa generazione bisognerebbe incoraggiare, perché dalla generazione attuale non mi aspetto granché. Io spero soprattutto nelle nuove generazioni… Non voglio usare il termine “rottamazione”, che mi suona orrenda; ma credo molto nelle nuove generazioni, confido che sappiano fare quello che le attuali non sanno o non vogliono fare…”.

D.: Senatore, sta dicendo che abbiamo buttato via il bambino e ci siamo conservati l’acqua sporca? Però, adesso sta dicendo anche che c’è la possibilità che l’acqua sporca venga a sua volta buttata; speriamo dunque nel “nuovo” bambino, e che possa nuotare in acque pulite.. Vorrei chiudere con un accenno alla “memoria”: l’importanza di essere consapevoli del nostro passato, di quello che è stato; sono le radici di quello che potrà essere domani…

Macaluso: “Sono d’accordo. La memoria è essenziale. Senza la memoria non c’è nulla di buono, ed è questo uno dei limiti di questa generazione… La memoria è indispensabile per l’oggi, per costruire l’oggi: non vivere solo di memoria, ma utilizzare la memoria: il patrimonio accumulato dalle passate esperienze. Si pensa, forse, di rottamare anche la memoria. Per fortuna la memoria è più ostinata, e non si fa rottamare”.

(trascrizione non rivista dall’autore)

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Valter Vecellio intervista Emanuele Macaluso, scrittore e giornalista.

L’intervista è stata registrata domenica 29 novembre 2015 alle 11:00.

Nel corso dell’intervista sono stati trattati i seguenti temi: Antifascismo, Bologna, Cattolicesimo, Comunismo, Concordato, Corte Costituzionale, Cultura, Dc, Democratici Di Sinistra, Democrazia, Diritti Civili, Diritti Umani, Diritto, Elezione Membri, Elezioni, Fascismo, Fittipaldi, Formazione, Forza Italia, Giovani, Giustizia, Informazione, Intellettuali, Istituzioni, Italia, L’unita’, LaMargherita, Laicita’, Lega Nord, Liberalismo, Magistratura, Messaggio, Movimento 5 Stelle, Napoli, Napolitano, Nuzzi, Pannella, Parlamento, Partiti, Partito Democratico, Partito Radicale, Pasolini, Pci, Pds, Politica, Presidenza Della Repubblica, Primarie, Questione Meridionale, Referendum, Roma, Scandali, Sciascia, Sindaci, Socialismo, Societa’, Stato, Storia, Vaticano, Vittorini.

Questa intervista è disponibile anche nella sola versione audio.

Fonte: Radio Radicale

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Domanda: Il senatore Emanuele Macaluso è, ed è stato, tante cose: autorevole dirigente del PCI, storico esponente e se mi passa l’espressione, coscienza critica e tra le più lucide, della sinistra; giornalista, ha diretto “’Unità” e “Il Riformista”, autore di numerosi saggi, per tutti voglio citarne uno che credo particolarmente riuscito: quello su Leonardo Sciascia e il suo rapporto con ii comunisti: rapporto di vicinanza, poi i contrasti, infine la definitiva rottura; ma anche nei momenti di dissenso, non è mai venuta meno il legame di amicizia che vi legava. Ne vorrei parlare con lei, di Sciascia, ma anche di altri personaggi che, ha conosciuto e frequentato, come Elio Vittorini, o Pier Paolo Pasolini. Ma prima vorrei parlare di Partito Democratico e della sinistra; non dico si sia in una situazione da encefalogramma piatta, ma poco ci manca: a Roma, a Napoli, un po’ ovunque…

Emanuele Macaluso: “Innanzitutto vorrei fare una precisazione: il Partito Democratico non è l’erede del Partito Comunista, e non è neppure l’erede della sinistra italiana. Il PD nasce da una fusione a freddo: quando ci fu, scrissi uno dei miei libri, dicendo appunto, intitolato Al capolinea; ritenevo che la fusione tra DS e Margherita fosse un amalgama non riuscito. Un  aggregato a cui si sono aggiunti, via via, una serie di personaggi anche locali provenienti da varie parti; anche perché la destra è sfasciata, non ci sono forze centriste. Ora sono venuti fuori i grillini, che non sono nemmeno loro un partito…Insomma, ci sono una serie di aggregati, che poco o nulla hanno a che fare con quella linea politica, valori e ideali, degli anni della cosiddetta prima repubblica. E accade quello che vediamo…”.

D.: Puglia…

Macaluso: “Puglia, Abruzzo, Lazio… I governatori sono tutti del PD. Però, ecco, il governatore, diciamo, chiamiamolo Presidente della Sicilia o della Calabria, o anche della Puglia, sono uomini che si riconoscono e che Renzi riconosce come portatori della sua politica? No! Guardiamo a quello che è avvenuto ancora recentemente in Campania. chi ha vinto in Campania? De Luca, che aveva un consenso che viene dal modo in cui ha governato la sua città. Bene per quel che riguarda il recupero di una città, pur con molto clientelismo, molto personalismo, eccetera… Lo stesso in Puglia: un magistrato che è ancora in organico, che ha fatto il segretario del partito, ha fatto…”.

D.: Non solo è ancora magistrato, ma ha fatto il magistrato dove si è fatto eleggere.

Macaluso: “Sì, dove si è fatto eleggere e dove ha fatto pure il segretario regionale del partito… Quindi il PD governa il Mezzogiorno, ma lo fa male: la questione meridionale con la presenza di questi governatori è riesplosa… Era stata cancellata come questione politica, riemerge per fattacci, diciamo così, politici: di mafia, di camorra, di corruzione… Non c’è più, all’ordine del giorno, nel Mezzogiorno, una battaglia politica, sociale, un movimento di riscatto… Per questo dico: attenzione. Il PD non è l’erede, è un’altra cosa. Noi dobbiamo sapere che c’è stato un mutamento nell’assetto politico italiano. Ormai sono passati più di vent’anni dal 1992, da quando si è determinata la crisi dei partiti storici tradizionali e, nella sinistra è avvenuto questo processo di decomposizione e ricomposizione di un’altra forza, il PD appunto. Nella destra la stessa cosa: ormai c’è un pezzo di Berlusconi, un pezzo della Lega, pezzetti vari di schegge uscite da Forza Italia o dalla Lega. Manca una vera forza di centro. C’è anche l’aggregazione via web di Grillo, il quale non anche lui, né che è un partito che ha un’idea, diciamo così, di Stato, un’idea di società…”.

D.: Il programma di Grillo si può riassumere in due parole: ‘No, basta!’; è il partito del rifiuto, di chi è arrivato alla conclusione che sono tutti uguali e non c’è differenza; lo dico come paradosso: forse Grillo lo dobbiamo un po’ ringraziare: quella parte di opinione pubblica che a torto o a ragione si chiama fuori grazie a lui e al suo movimento trova comunque una sponda istituzionale…”. altri.”
Macaluso: “Sì, in parte lo si può condividere questo ragionamento. Però è anche vero che c’è Grillo che dà le indicazioni via web, i parlamentari del Movimento 5 Stelle che devono seguire pedissequamente le indicazioni che piovono dall’alto… GianCama è una cinta istituzionale, non lo so… Perché la posizione, la cosa grave di questo… È che, siccome non c’è un collettivo, c’è Grillo, c’è Casaleggio, che, attraverso il web, dettano, diciamo così, le indicazioni sul che fare e come. Io naturalmente spero che si mantengano dentro una cornice istituzionale: ma cosa sarà di un Paese che viene governato da una forza che giustamente, come dice lei, nasce sul fatto di una negazione, senza un progetto politico? Il fatto che lì si siano ‘rifugiati’ tutti quelli che vogliono dare uno sputo a quello che vedono e, per sputare, votano Grillo… ecco, questo è il segno di un degrado che dobbiamo arginare. Perché poi, quando si assumono incarichi di governo nelle istituzioni, non basta dire NO…”.

D.: Parma è un caso da manuale. Il programma elettorale è di un certo tipo, poi bisogna misurarsi con una realtà che non fa sconti…

Macaluso: “Pizzarotti, sindaco ‘grillino’ quando poi vuole governare, viene scomunicato…”.

D.: Grillo non ammette dissensi. Chi non è d’accordo viene espulso…

Macaluso: “…Ma non accade solo a Parma. A Livorno i grillini bocciano il bilancio del loro sindaco; che poi dice che forse hanno fatto bene a bocciarlo. C’è una situazione in cui, francamente, si fatica a capirli. Questo per i Comuni. Non parliamo poi in Parlamento, nelle istituzioni, gli sbandamenti sulla politica estera: un giorno dice viva Putin, il giorno dopo lo manderebbe in galera. Ecco tutto ciò per me è motivo di preoccupazione”.

D.: Siamo sull’orlo di un precipizio, e tanti, tuttavia, continuano tranquillamente a ballare come se nulla fosse…

Macaluso: “Osservo questo: chi ci governa non ha più un rapporto con gli elettori; i parlamentari non essendo stati direttamente eletti dagli elettori, ma per ‘graduatoria’ non hanno più l’ansia di dire: ‘Io rappresento gli elettori…’”.

D.: Come Costituzione peraltro prevede…Lei è stato un dirigente politico, ma anche in parallelo, un’intensa attività giornalistica. Non crede che ci sia anche una responsabilità di chi ha il compito di fare informazione?

Macaluso: “Indubbiamente nella crisi politica delle istituzioni, una responsabilità pesante ricade sui mezzi di informazione. Soprattutto oggi: perché prima, bene o male, c’erano anche altri ‘canali’: i partiti, i movimenti… Oggi si guarda la televisione, i social network, gli altri strumenti di comunicazione che fanno da surrogato dei tradizionali mezzi di informazione. La situazione da un po’ di tempo è questa: la surroga da un canto viene dai magistrati; dall’altro dai mezzi di informazione; sono le due forze che determinano in maniera decisiva anche le questioni politiche”.

D.: La violazione delle regole è sistematica e continua. Faccio un esempio clamoroso: lei ricorda certamente il messaggio del Presidente emerito Giorgio Napolitano che ci richiamava in maniera inequivoca all’ordine di una serie di diritti calpestati. Abbiamo avuto un Parlamento che, praticamente, ha preso questo documento (era l’unico messaggio che il Presidente ha mandato nelle forme costituzionali previste), e l’ha chiuso in un cassetto, dicendo in sosanza: ‘Non ce ne importa nulla, di quello che dici’. È stato anche una sorta di oltraggio alla figura del Presidente della Repubblica.”

Macaluso: “Non c’è dubbio: si doveva almeno dovevano aprire una discussione parlamentare”.

D.: “Infatti, in questo senso dico, è stato un oltraggio alla figura non tanto di Napolitano, ma del Presidente della Repubblica che, solennemente, manda un messaggio e…

Macaluso: “E lo archiviano in questo modo, sì… Penso che ci sia anche una responsabilità dei Presidenti delle Camere… Perché quel messaggio l’hanno ricevuto loro per primo. Non basta dire: ‘Badate che è arrivato un messaggio, lo stampiamo, ve lo rendiamo noto…’ No. Dovevano dire anche: ‘È arrivato un messaggio del Capo dello Stato, in cui sono affrontate tutta una serie di questioni che riguardano soprattutto la giustizia, che riguardano anche il modo con cui questo Paese, anche rispetto all’Europa, si colloca rispetto a questi temi, dobbiamo discutere questa questione’. Poi sarà la responsabilità del Governo di mettere mano, diciamo così, alle modifiche. Sarà responsabilità dei gruppi parlamentari di pigliare atto e di operare in quella direzione”.
D.:: Senatore, è una situazione ben triste… come uscirne?

Macaluso: “Io ho cominciato a fare politica quando ero un ragazzino si può dire, quando ho aderito clandestinamente alla lotta antifascista nel PCI. Nel 1941 avevo diciassette anni; ero nel gruppo con Leonardo Sciascia, che pur non essendo mai stato comunista, era con noi, quegli anni; la racconta lui stesso molto bene, in pagine bellissime, questa storia; e c’era un compagno che era mio affettuoso amico, Gino Cortese: lui ci introdusse nell’organizzazione. Poi, a Liberazione avvenuta, ho seguito tutto il percorso: dirigente sindacale, i grandi movimenti dei contadini…”.

D.: In Sicilia, in quegli anni, non era facile allora.

Macaluso: “No non era facile. E con tutto, sia nel partito che in Parlamento non ho mai avuto l’amarezza e anche la difficoltà a capire le cose come accade oggi. Mi chiedeva come uscire da questa situazione… Ecco, forse quello che manca oggi è la speranza. La speranza, secondo me, è la molla di tutto; anche sotto il fascismo c’era la speranza di riuscire a sconfiggere il fascismo, vincere la guerra, conquistare la libertà e la democrazia. Poi c’era la speranza di ricostruire il Paese… Io avevo una speranza, chi era cattolico democristiano ne aveva un’altra; un’altra ancora chi era liberale, laico o radicale. Speranze diverse, ma c’erano. Si lavorava perché il paese potesse progredire… E tutto sommato quest’incrocio di speranze ha effettivamente fatto progredire il Paese. Io oggi la domanda che pongo è: un giovane quale speranza può avere? Parlo della speranza sua, correlata con la speranza del Paese. Quel giovane oggi cosa vede? Ai miei tempi c’era il tunnel della guerra, del fascismo, poi quello anche del dopoguerra, però si vedeva la possibilità che la luce spuntasse, che alla fine da quel tunnel si sarebbe emersi. Oggi non mi sembra sia così… La cosa che mi turba è che non lo vedo io che ho quell’età che ho, ma non lo vedono i giovani. Con loro ci parlo, vado nelle università, faccio tanti incontri. Questi giovani lo chiedono a me come uscirne, non hanno più una speranza e il tutto è affidato a un’incertezza; non ci sono aggregazioni per cui si spinge verso una direzione. I partiti, il sindacato sono in crisi per mille motivi, non hanno più quel ruolo che avevano prima. I mezzi di informazione sono quelli che sono…”.

D.: Se a queste sue affermazioni rispondo con quello che dice spesso Pannella, “Spes contra Spem”, cercare di essere speranza più che avere speranza…?

Macaluso: “Sì, ma per essere praticabile, le persone devono potersi aggregare. Questo è il punto. L singola persona, il solo individuo non può fare nulla”.

D.: Durante gli anni bui del fascismo gli antifascisti erano non avevano molta compagnia...

Macaluso: “No, non erano molti. Ma sapevano che non erano soli. Sapevano che c’erano altri come loro, nel mondo, e nella stessa Italia…”.

D.: Isolati, ma non soli…

Macaluso: “C’era un aggregato, qualcosa che li teneva insieme… Quindi la speranza veniva dal fatto di sapere che c’era tanta gente che rifletteva e agiva come loro riflettevano e agivano. Secondo me, i partiti, con tutti i limiti che sappiamo, hanno dato questa consapevolezza, questa speranza… Quando uno si aggregava in un partito era insieme ad altri. Si poteva confrontare; se non c’è questo… Così: è giusto quello che dice Pannella, la speranza è anche il modo con cui ci si rapporti… Penso che la speranza si possa spendere se si riesce ad aggregare gli altri. Oggi questo manca, manca la possibilità dell’aggregazione. C’è molto individualismo. Si ritiene che il singolo possa risolvere tutto. Non è così”.

D.: E’ paradossale… Viviamo in un mondo dove dicono: “Sei eternamente connesso, basta un click e hai il mondo ai tuoi piedi, conosci tutto, vedi tutto, non hai bisogno di muoverti dallo schermo; al tempo stesso corriamo il rischio di vivere in un pericoloso isolamento ed estraniamento…
Macaluso: “Guardi, io penso che i mezzi di comunicazione moderni, siano una grande cosa; ma è indispensabile aggregarsi, riuscire a comunicare, e questo non lo si fa con una tastiera, uno schermo… Le persone devono vedersi, incontrarsi, avere rapporti, una loro comunicazione; le persone devono toccarsi, stare insieme. Il mondo del web è bello, ma si rischia una solitudine che non porta a nulla. Per questo credo che il problema dell’aggregazione tra le persone sia la cosa essenziale; è lo stare insieme per obiettivi comuni, lo stare insieme con le persone che anche la pensano diversamente, ma che poi si incontrano e discutono, fanno delle battaglie… È quello che oggi manca. I partiti hanno avuto questo ruolo. Allora: dobbiamo rifare i partiti così com’erano? Certo che no. Ma qualcosa si deve trovare. La via del web non credo sia la strada soddisfacente. È certamente un mezzo con cui bisogna fare i conti, e credo che sia una sciocchezza quella di credere che sia una sorta di Satana. Sono i nuovi mezzi di comunicazione della modernità; ma i problemi nascono quando questo mezzo non è usato per sollecitare la comunicazione, per sollecitare l’aggregazione delle persone, e diventa uno strumento, al di là delle volontà, che separa le persone”.

D.: Senatore, c’è da dire che ogni volta che i cittadini si sono liberamente espressi, per esempio con lo strumento referendario, sono stati regolarmente traditi. E al di là della questione in gioco, agli italiani in sostanza si è detto: “La tua opinione non conta niente, noi facciamo quello che ci pare”. Quando si viene trattati da sudditi, poi come ci si può lamentare del fatto che appunto si vive in una situazione di sudditanza? Mi sembra che questo contesto “aiuti” questa solitudine di cui si parlava prima.

Macaluso: “Sì. Ma la sudditanza si vince combattendola. In definitiva, anche voi radicali quando facevate i referendum, aggregavate le persone, perché dovevate raccogliere le firme, preparavate i banchetti, parlavate con le persone per convincerli che quel referendum era importante, serviva… Era un modo di comunicare per vincere la sudditanza: “Badate, che bisogna partecipare attraverso questo canale”… era uno dei canali, importante… Anche quello era un modo di aggregare: cinquecentomila persone che firmano e poi fare una campagna perché attorno a quel tema le persone si riconoscano e si impegnino, era un modo per aggregare e vincere la sudditanza, per vincere…”.

D.: Ma quando il risultato del referendum viene tradito sistematicamente, che si fa? Il cittadino ha diritto di sentirsi preso un po’ per i fondelli…

Macaluso: “Alcuni referendum sono stati traditi, altri no, perché poi il divorzio c’è stato, perché poi l’aborto c’è stato…”.

D.: Tanti altri sono stati traditi…quello sulla giustizia, sul finanziamento pubblico…

Macaluso: “Un referendum che sembrava perso, è quello per la maternità…”.

D.:  La legge 40

Macaluso: “Quel referendum lo si è perso perché…”.

D.: Per un bel combinato disposto di potere.

Macaluso: “Per un combinato disposto di potere, sì. Poi la legge è stata smontata dalle sentenze. Ma perché? Perché quella campagna, quella battaglia, ha creato delle coscienze, delle persone che si sono ribellate alla Legge 40, si sono rivolte al magistrato, fatto battaglie, eccetera, eccetera… E’ stato perso, però, ha creato una coscienza, delle coscienze.

Le persone hanno capito che non erano sole, che c’erano altri che si sentivano traditi e che bisognava continuare con altri canali…”.

D.: Con le giurisdizioni. Però quello che stiamo dicendo ora, non smentisce un po’ quello che abbiamo detto cinque minuti fa? Ancora un motivo di speranza nel fatto che si riesce a essere speranza ce l’abbiamo.

Macaluso: “Sì, ma io parlo… La speranza di cui parlavo io era uno sbocco politico”.

D.: Vale a dire: la coppia che si rivolge alla giurisdizione diventa lei stessa speranza e fa politica nel senso che lei dice.

Macaluso: “Sì, non c’è dubbio; però la mia preoccupazione è che le Camere, i centri del potere fondamentale che io penso siano soprattutto i Parlamenti, non siano all’altezza, almeno in questo momento… Lei dice: “Ci saranno alle prossime elezioni…”; ma con quella legge elettorale già aggiustata, questi partiti che sono quelli che sono, no so se le cose potranno cambiare in modo da dare ai cittadini la riapertura di una speranza. Questa è la questione, ed è la ragione del mio pessimismo… Spero in una cosa: nelle nuove generazioni. Perché ci sono dei giovani che cominciano a pensare sa, che pensano; che cominciano ad avere delle idee giuste, diciamo così, e vogliono combattere. E questa generazione bisognerebbe incoraggiare, perché dalla generazione attuale non mi aspetto granché. Io spero soprattutto nelle nuove generazioni… Non voglio usare il termine “rottamazione”, che mi suona orrenda; ma credo molto nelle nuove generazioni, confido che sappiano fare quello che le attuali non sanno o non vogliono fare…”.

D.: Senatore, sta dicendo che abbiamo buttato via il bambino e ci siamo conservati l’acqua sporca? Però, adesso sta dicendo anche che c’è la possibilità che l’acqua sporca venga a sua volta buttata; speriamo dunque nel “nuovo” bambino, e che possa nuotare in acque pulite.. Vorrei chiudere con un accenno alla “memoria”: l’importanza di essere consapevoli del nostro passato, di quello che è stato; sono le radici di quello che potrà essere domani…

Macaluso: “Sono d’accordo. La memoria è essenziale. Senza la memoria non c’è nulla di buono, ed è questo uno dei limiti di questa generazione… La memoria è indispensabile per l’oggi, per costruire l’oggi: non vivere solo di memoria, ma utilizzare la memoria: il patrimonio accumulato dalle passate esperienze. Si pensa, forse, di rottamare anche la memoria. Per fortuna la memoria è più ostinata, e non si fa rottamare”.

(trascrizione non rivista dall’autore)

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