In Rassegna Stampa

A rischio dell’iperbole, la vicenda radicale richiama alla mente la celebre frase di Winston Churchill dopo la Battaglia d’Inghilterra: “Tanto è dovuto da tanti a così pochi”. Del resto, la storia d’Italia è intessuta, nei suoi momenti migliori, di minoranze eroiche. Risorgimento e resistenza rappresentano i due momenti topici: piccoli gruppi, animati da ideali e convinzioni fermissime, misero in gioco tutto per un obiettivo collettivo. Quelle minoranze non si ponevano il problema della rappresentanza numerica. Bastava loro l’etica della convinzione.

Di questa etica ha vissuto il Partito Radicale di Marco Pannella. Pur partendo da posizioni di estrema minoranza, i radicali hanno avuto un ruolo determinate nella storia d’Italia. Di fronte ai milioni di iscritti ai partiti tradizionali i radicali ne hanno raccolto, salvo casi sporadici, qualche migliaio, non di più. Un numero risibile, ma con un impatto moltiplicato esponenzialmente dalla leadership. Marco Pannella, ora gravemente malato, ha incarnato a tutto tondo la weberiana personalità carismatica. Stravolgeva consuetudini, certezze, visioni consolidate: laddove “era scritto”, lui “diceva”. Così, negli anni Settanta, a dispetto di tutti, ha cambiato la politica italiana. Pannella comprese che il punto di frattura del compact partitocratico erano i diritti civili. Mentre nel post-68 migliaia di giovani cianciavano di rivoluzione, i più maturi radicali, animati da una cultura pragmatica di derivazione anglosassone, puntavano ad ottenere leggi che garantissero i diritti negati. E contrapponevano all’esaltazione della violenza rivoluzionaria e delle P38 la nonviolenza gandhiana, praticata con le azioni dirette e la disubbidienza civile.

Insomma un altro mondo rispetto a quello vociante nelle piazze e prevalente nella intellighenzia paleo e neo-marxista. Alla fine, hanno vinto quei quattro gatti di radicali perché interpretavano domande ben presenti – e pressanti nell’opinione pubblica. Domande che erano rimaste sepolte dalle fumisterie del post ‘68 e dal ritardo dei grandi partiti di massa. Per ottenere questo, Pannella, per primo, “ha dato corpo” alla politica. Come scrisse Umberto Eco in un epocale articolo proprio su questo settimanale, il leader radicale riuscì a “bucare lo schermo” con il suo corpo smagrito dai digiuni, con il suo silenzio imbavagliato di fronte alle telecamere, con le sue grida contro il conformismo dei costumi e della politica. Poi il Pr entrò nel palazzo. Bastarono quattro deputati a creare scompiglio in quelle aule. L’irritazione arrivò fino all’astio e alla scomunica da parte di tutti i partiti, con la parziale eccezione per alcune frange dei partiti laici. Con Pci e Dc (apostrofata “già-Pnf”), fu guerra aperta. Il referendum sul divorzio costituisce a tutt’oggi il punto di svolta della politica italiana del dopoguerra perché attesta la fine dell’egemonia culturale – a livello di massa – del cattolicesimo e del suo partito di riferimento. Una evidenza ulteriormente rafforzata dalla successiva approvazione della legge sull’aborto e dalla schiacciante vittoria nel referendum sull’aborto. Quello è il momento più alto della vicenda radicale. Quello per cui vale la massima di Churchill. Poi la strada dei diritti civili e della nonviolenza si è inerpicata su strade impervie, uscendo dai confini nazionali, come la lotta alla fame nel mondo. Certo il Pr fece aumentare vertiginosamente negli anni Ottanta i fondi alla cooperazione allo sviluppo, solo che li gestirono i socialisti… Ad ogni modo, erano salite troppo ripide anche per Pannella. L’ultima finestra di opportunità per un ruolo centrale dei radicali si è presentata al momento di Tangentopoli quando la loro onestà cristallina li candidava a guidare una potenziale alternativa ai partiti tradizionali. Ma quell’occasione sfumò e da allora il Pr ha giocato sempre nelle retrovie. Nemmeno il buon risultato della lista Bonino alle europee del 1999 ha avuto un seguito.

Cosa rimane di quella storia? Che eredità lascia? E soprattutto c’è qualcuno che ne ha raccolto il testimone? Rispondiamo con ulteriori domande: chi oggi usa la maschera del buffone tante volte coscientemente indossata da Pannella per scuotere e catturare l’attenzione? Chi si pone fuori dal “regime” attaccando tutto e tutti? Chi propone obiettivi minimi e praticabili insieme a visioni originali e alternative? Chi, con quattro gatti e due lire, esprime i sentimenti di tanti?

Fonte: L’Espresso

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