In Conversando con

Conversando con Guido Ceronetti

Intervista di Valter Vecellio
Cetona, 12 ottobre 2015

Valter Vecellio intervista Guido Ceronetti, giornalista, scrittore e poeta.

L’intervista è stata registrata domenica 25 ottobre 2015 alle ore 11:00.

Nel corso dell’intervista sono stati trattati i seguenti temi: Capitini, Cattolicesimo, Ceronetti, Chiesa, Cultura, Democrazia, Demografia, Diritti Umani, Francesco, Immigrazione, Informazione, Intellettuali, Nonviolenza, Pannella, Partito Radicale, Politica, Rifugiati, Storia, Vaticano.

Fonte: Radio Radicale

Questa conversazione ha avuto luogo a Cetona, presso l’abitazione di Guido Ceronetti qualche giorno prima i tragici fatti di Parigi del 13 novembre 2015.

Ceronetti, intanto e subito, grazie per il tempo che ci concede. Con lei potremmo conversare per ore, e di tantissime cose. Io vorrei cominciare con un personaggio poco conosciuto in Italia, anche se credo sia stato un grande italiano, Aldo Capitini, un grande teorico della nonviolenza. Lei ha avuto modo di conoscerlo e frequentarlo.

Guido Ceronetti: “Sì, l’ho conosciuto molti anni fa, e ci siamo anche frequentati…”.

Siete stati amici…Come nasce questa amicizia, che tipo di rapporto avevate? Ci descriva un po’ anche il personaggio. Se ne sa così poco…

Ceronetti: “Dovete avere un po’ pazienza, i miei ricordi sono un po’ sfumati…devo adunarli. Le prime marce antimilitariste Perugia-Assisi, quelle le ricordo bene…Le ha create lui. La nostra amicizia è nata in occasione di quelle marce. Erano gli anni Sessanta…Pensandoci bene, ci siamo conosciuti prima, a un convegno, non tanto sulla religione quanto sul senso di religiosità. Poi però c’è stata una rottura…”.

In cosa siete entrati in conflitto?

Ceronetti: “Ho rotto con Capitini, perché, proprio per la sua marcia, aveva cercato l’appoggio del Partito Comunista. Quando ricevette un telegramma di adesione di Palmiro Togliatti per me fu come se l’avesse vergato una mano insanguinata. Intollerabile”.

Togliatti, i Partigiani della Pace…Il dissidio è provocato da quello…

Ceronetti: “Sì, con i ‘Partigiani della Pace’, fin dal 1948 non ho mai voluto aver qualcosa a che spartire…”.

Anche Marco Pannella polemizza con Capitini, e proprio per via di questo ‘inquinamento’, se così posso definirlo, di pacifismo di ispirazione sovietica… C’è uno scambio di lettere piuttosto dure e anche giudizi pesanti tra Capitini e Pannella….

Ceronetti: “C’è poi, anche per un’altra cosa che mi ha diviso da Capitini; l’atteggiamento da assumere al tempo della cosiddetta ‘Guerra dei sei giorni’ nel ‘67…”.

Israele che viene aggredita da tutti i Paesi arabi confinanti…

Ceronetti: “Secondo Capitini Israele doveva dare una risposta non violenta. Ma pensa un po’… Gli avessero dato retta credo che non ne sarebbe rimasta un’unghia, viva, di Israele. La sua, quella di Capitini, era una strategia…come posso dire? Da profeti, da profeti biblici… Era un dire: ‘Abbiate fiducia’…”.

Anche Gandhi in buona sostanza consiglia agli ebrei di farsi massacrare dai nazisti, e il mondo avrebbe reagito…

Ceronetti: “Io fossi stato un ebreo di allora non sarei davvero stato d’accordo…Credo di averglielo scritto. Ci dev’essere alla Biblioteca di Perugia il nostro scambio di lettere…”.

Probabilmente sarebbe interessante vedere anche alla luce delle cose dell’oggi quel vostro carteggio, le ragioni e le motivazioni dell’uno, le ragioni e le motivazioni dell’altro…

Ceronetti: “Qualcosa di recente è stato pubblicato  in un fascicolo monografico che mi ha dedicato un semestrale letterario che si chiama ‘Il Giannone’ *…”.

Al di là di questo dissenso, lei però fondamentalmente è un nonviolento come filosofia…

Ceronetti: “Se è per questo, Capitini mi ha fatto comprendere il perché essere vegetariani. Però devo anche confessare che ero più nonviolento da giovane. Ora saranno gli anni…Lo sono meno”.

Non mi dica che è diventato bellicista…

Ceronetti: “Eh insomma…Lo sono come poteva esserlo il mio amico Orazio… Accetto la guerra come necessità, e nello stesso tempo mi fanno orrore quelli che la fanno”.

Da quando, questa diciamo così, evoluzione?

Ceronetti: “La ‘Guerra dei sei giorni’ ha avuto un peso determinante. Mi ha mostrato come sia difficile essere sempre nonviolenti…”.

Quel conflitto ha segnato una sorta di spartiacque…

Ceronetti: “Possiamo dire così, sì”.

E’ corretto allora dire che la sua è una nonviolenza pragmatica, come metodo, ma non come atto di fede assoluta?

Ceronetti: “Sì, credo che si possa dire così. Poi ci sono anche esperienze personali. In quegli anni ho incontrato una ragazza che era stata  assunta da un’associazione, l’American Joint, per assistere i profughi ebrei dalla Libia. A quel tempo in Libia c’era ancora il re Idris…”.

Gli anni precedenti all’avvento di Gheddafi…

Ceronetti: “Gheddafi sarebbe venuto dopo poco. Ma anche prima non è che per gli ebrei in Libia spirasse una buona aria. Parecchi di loro fuggirono. Quelli che vennero in Italia vennero messi in campi di raccolta, e lei andava ad assisterli. Io lavoravo alla traduzione del Vecchio Testamento e mia moglie andava in giro ad assisterli…Durò, questo lavoro per un paio di anni più o meno. Questa ragazza era la figlia di una deportata a Birkenau; e poi avevo letto un libretto che mi colpì molto “C’è un punto sulla terra…”, di Giuliana Tedeschi**…”.

Un libro duro, un libro di ricordi del campo di sterminio nazista…

Ceronetti: “Un libro che fa capire fino a che punto può arrivare l’orrore e di cosa possa essere capace l’uomo…Ecco, quando penso alla nonviolenza penso però anche a tutto questo…”.

Senta, un altro personaggio che lei ha conosciuto è Marco Pannella…Mi interesserebbe sapere come nasce questa conoscenza, e frequentazione, se c’è stata; quand’è che le vostre strade si sono incrociate?

Ceronetti: “Lei forse non lo sa, ma io sono stato un candidato radicale.”
Non lo sapevo, no…Quand’è stato?

Ceronetti: “Esattamente non glielo so dire, ma di certo più di quarant’anni fa…”.

Ce la racconti, questa storia del Ceronetti candidato…

Ceronetti: “E’ andata così: un giorno incontro un amico a Torino e mi dice: senti, vieni anche tu, sto andando al Partito Radicale a mettermi in lista; cercano candidati: nessuno sarà eletto, si va così, per simpatia. E allora sono andato anch’io. Mi hanno iscritto subito”.

Messo in lista senza problemi…

Ceronetti: “Detto fatto. Capolista mi pare fosse Bruno Villabruna.”

Stiamo parlando degli anni a cavallo tra il ‘50 e il ‘60. Quegli anni lì… Quando il Partito radicale, come simbolo, aveva una donna con il berretto frigio…

Ceronetti: “La Marianna…”

Quindi lei in quegli anni si candida a Torino,  nelle liste radicali. Con la sicurezza che non sarebbe mai stato eletto…

Ceronetti: “Da quel punto di vista ero assolutamente tranquillo. Me l’avevano garantito…”.

E per curiosità: quanti voti prese, se lo ricorda?

Ceronetti: “Ventinove voti. Tutti voti di amicizia”.

Lei prima i radicali li conosceva? Cosa sapeva di loro?

Ceronetti: “Quel poco che si poteva sapere attraverso la radio dell’epoca”.

Non molto, immagino…

Ceronetti: “No, e non c’era neppure la “Radio Radicale”, allora. Pannella cominciava a fare qualche comizio…”.

Lo andava a sentire?

Ceronetti: “Sì, qualche volta credo di essere andato. Era un Pannella molto giovane. Lui è più giovane di me: è del ‘30 e io del ‘27”.

Tutto sommato, siete coetanei…

Ceronetti: “Io mi sento e mi vedo molto più vecchio…”.

Parliamo della sua attività di scrittore, di giornalista…

Ceronetti: “Ho cominciato a pigiare i tasti della macchina per scrivere nel 1945”.

Qual era il giornale all’epoca?

Ceronetti: “All’inizio pubblicavo sui giornali umoristici, un po’ come faceva Federico Fellini…”.

Da quello che so Pannella spesso è d’accordo con quello che scrive. Una volta ha usato il termine ‘adorabile’…

Ceronetti: “Mi fa piacere, anche se non so cosa posso aver scritto di così straordinario…”.

I suoi interventi sulla vicenda di Erich Priebke Pannella sicuramente li condivide. E poi quella poesia su Eluana Englaro…***. Più in generale tutte le questioni relative alla vita e alla morte…Lei ha mai conosciuto Luca Coscioni?

Ceronetti: “Personalmente no. Lo sentivo quando parlava con l’aiuto del computer. Le confesso che mi era talmente penoso sentire quella voce, falsata dal mezzo, mi dovevo fare violenza per ascoltarlo. Davvero provavo una gran pena…”.

Sono questioni di grande attualità, tutt’altro che risolte: la libertà di ricerca, l’autodeterminazione che ognuno di noi dovrebbe avere come diritto di poter disporre del proprio corpo…

Ceronetti: “Su queste cose darei il voto subito, senza pensarci troppo”.

Sembra che faccia paura anche solo il parlarne…

Ceronetti: “E si capisce. Se se ne parla, poi bisogna fare qualcosa…E invece non vogliono fare nulla, è molto semplice”.

Il problema comunque resta, non è che lo si annulla ignorandolo…

Ceronetti: “Certo che no. Ma per esempio parlare di eutanasia sembra di invocare di morire…Gli italiani, per lo più, sono molto poco inclini a parlare della morte. Come se ci fosse una invalicabile superstizione”.

Decidere come, dove e quando dovrebbe essere un diritto di tutti e di ciascuno, non crede?

Ceronetti: “Viviamo in un Paese dove l’unica cosa ammessa sembra siano i divieti: questo non si può quello non si deve, quell’altro non è ammesso…”.

Come se lo spiega?

Ceronetti: “Chissà, forse paura…Magari si teme di non essere compresi, capiti; si pensa che la gente sia più arretrata di quanto non sia effettivamente. Anche le donne: quasi sempre si dimostrano un passo in avanti rispetto agli uomini. Pensi al referendum sul divorzio, al referendum sull’aborto… Non fosse stato per loro…Eppure…”.

Senta, di palo in frasca: che opinione ha di questo pontefice, di papa Bergoglio?

Ceronetti: “Le confesso: non mi sembra che abbia grandi ali…”.

Non le sembra che stia cercando di rivoltare un po’ le logiche che hanno governato finora il Vaticano?

Ceronetti: “Sarà perché queste cose non mi appassionano più di tanto, forse è per questo che sono poco in grado di comprenderle. A suo tempo ero molto favorevole al primo papa Karol Wojtyla;, ma perché, lì c’era la storia del cardinale Wyszyński, che l’aveva messo come cardinale di Cracovia, proprio per liberare la Polonia dal giogo dell’Unione Sovietica…”.

Giovanni Paolo II è stato un papa condottiero, su questo non c’è il minimo dubbio; però le chiedevo dell’attuale pontefice perché, tutto sommato, ha compiuto dei gesti, sicuramente emblematici, e di un qualche significato: ha abolito la pena di morte in Vaticano che era formalmente in vigore; ha introdotto il reato di tortura che, naturalmente, non viene praticata oggi in Vaticano, ma era ancora in vigore; ha fatto una serie di gesti che lo Stato italiano non ha ancora fatto: perché il reato di tortura, non è contemplato nei nostri codici, e dunque non è punibile…Cerca di fare un po’ di pulizia nello IOR, la Banca Vaticana e le sue discutibili gestioni… Alla luce di tutto questo, le chiedevo una valutazione; e certamente è un cammino appena intrapreso. Poi la cosa curiosa è che questo papa è gesuita da una parte, francescano dall’altra: due anime in un unico corpo, ecco…

Ceronetti: “Vorrei un papa favorevole apertamente al controllo delle nascite, nei continenti sovrappopolati. Allora potrei anche avere delle simpatie.”

Per avere questa riforma forse bisognerebbe eleggere una donna papa…

Ceronetti: “Chissà…Poi le confesso che non sono così favorevole alla politica della chiesa cattolica sull’accoglienza degli immigrati…non sono tanto accoglientista”.

Che vuol dire che non è tanto accoglientista?

Ceronetti: “Fino a un certo punto va bene. Ma sono troppi ora, non ce la facciamo”.

Facciamo una simulazione: Guido Ceronetti non è il signore che vive a Cetona, in Italia; è invece un povero cristo che vive in Siria, o in Libia, o in Somalia. Non scapperebbe quel Guido Ceronetti se solo potesse farlo, non cercherebbe rifugio in Europa?

Ceronetti: “Penso di sì. Ma non è questo il punto. Il punto è che non ce la facciamo ad accoglierli tutti…”.

Abbiamo affrontato crisi peggiori…

Ceronetti: “E’ una questione complessa, quando li facciamo venire qui, un minimo di sussistenza bisogna garantirla; in quelle masse che cercano rifugio in Europa c’è di tutto, non solo persone che soffrono; non mi faccia fare il leghista, che non lo sono. Però un po’ più di polso e rigore ci vuole…”.

Senta, lei, nel 2014 è venuto, è anche intervenuto al Congresso radicale di Chianciano. Come mai ci ha fatto questa sorpresa e il regalo della sua partecipazione?

Ceronetti: “Ma non sapevo di fare nessun regalo. Sono venuto perché mi sentivo, e mi sembrava una cosa interessante…”.

Le assicuro che per molti di noi è stato un regalo, una festa.

Ceronetti: “Ne sono contento, e un po’ stupito. E mi ha fatto piacere trovarmi in un ambiente amico, e questo a prescindere dall’essere o no d’accordo su molte cose. Perché poi su tante altre lo si è”.

Su che cosa e in disaccordo?

Ceronetti: “Il pacifismo a oltranza non mi trova d’accordo; e l’America non interventista mi mette angoscia. Proprio angoscia. Il signor Obama apre la porta al male”.

Addirittura…

Ceronetti: “Sì, proprio al male; e sono stupito che alla testa dell’America, ancora per un tempo abbastanza lungo, ci sia un uomo come lui, così…vinto,  rassegnato”.

Mi permetto un’obiezione: i radicali sono nonviolenti, non pacifisti…

Ceronetti: “Sì, questo lo so”.

Quanto agli Stati Uniti, dai tempi del Vietnam, quando interviene, per come interviene, sono più i danni dei benefici…

Ceronetti: “Quello che voglio dire, per restare ai fatti dei giorni nostri è che quello che mi sembra essere uno dei madornali errori del presidente americano sia stato quello chiedere l’aiuto del russo nella crisi siriana. L’hai evocato, il demone russo, ed eccolo lì, chi lo smuove più?

I russi in Siria ci stavano da sempre, dai tempi di Assad padre;  consideravano la Siria un loro protettorato… In secondo luogo, al di là delle considerazioni etico-morali che comunque hanno un peso, direi che americani ed europei non sono più disposti a morire, a essere uccisi, non vogliono più combattere guerre. Parlo anche per me, sia chiaro: di fare l’eroe non ho nessuna voglia; e se si fanno le guerre, oltre a uccidere si finisce uccisi. Come risponde a questo fatto?

Ceronetti: “Non rispondo. Non c’è soluzione. Il nostro amico Capitini, quando ci fu l’attacco a Israele, predicava questo agli israeliani: ‘Fatevi arrivare tutti questi arabi in casa, poi, quando ci siete, fate la guerra nonviolenta e vedete che ve li togliete’. Era una bravissima persona. Però, predicava il suicidio”.

Lei sa dell’iniziativa radicale per il diritto umano alla conoscenza, che si ricollega a quelle dell’Associazione per la libertà della cultura e nella cultura di Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte…

Ceronetti: “Li ho conosciuti…”.

Questo diritto umano alla conoscenza, lei pensa che sia qualcosa da conquistare o stiamo perdendo tempo?

Ceronetti: “Magari si può fallire, ma non è mai una perdita di tempo; è anzi una cosa importante, da fare…”.

Quindi possiamo contare sul conforto del suo appoggio.

Ceronetti: “Totale!”.

 

*“Il Giannone”, semestrale di cultura e letteratura, diretto da Antonio Motta, via Carlo Alberto Dalla Chiesa 11, 71014 San Marco in Lamis (FG). Il numero 25-26 è dedicato a “Il filo dell’enigma”, omaggio a Guido Ceronetti.

** “C’è un punto della terra…”, sottotitolo: “Una donna nel Lager di Birkenau”, di Giuliana Tedeschi,  prefazione di Alessandro Galante Garrone; Giuntina editore, 1988, pagg.167.

***“La ballata dell’angelo ferito”, una poesia di Guido Ceronetti per il coraggio di Eluana Englaro, “Repubblica” 28 dicembre 2008.

(Testo trascritto da una conversazione orale e non rivisto dall’autore).

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Valter Vecellio intervista Guido Ceronetti, giornalista, scrittore e poeta.

L’intervista è stata registrata domenica 25 ottobre 2015 alle ore 11:00.

Nel corso dell’intervista sono stati trattati i seguenti temi: Capitini, Cattolicesimo, Ceronetti, Chiesa, Cultura, Democrazia, Demografia, Diritti Umani, Francesco, Immigrazione, Informazione, Intellettuali, Nonviolenza, Pannella, Partito Radicale, Politica, Rifugiati, Storia, Vaticano.

Fonte: Radio Radicale

+ TESTO

Questa conversazione ha avuto luogo a Cetona, presso l’abitazione di Guido Ceronetti qualche giorno prima i tragici fatti di Parigi del 13 novembre 2015.

Ceronetti, intanto e subito, grazie per il tempo che ci concede. Con lei potremmo conversare per ore, e di tantissime cose. Io vorrei cominciare con un personaggio poco conosciuto in Italia, anche se credo sia stato un grande italiano, Aldo Capitini, un grande teorico della nonviolenza. Lei ha avuto modo di conoscerlo e frequentarlo.

Guido Ceronetti: “Sì, l’ho conosciuto molti anni fa, e ci siamo anche frequentati…”.

Siete stati amici…Come nasce questa amicizia, che tipo di rapporto avevate? Ci descriva un po’ anche il personaggio. Se ne sa così poco…

Ceronetti: “Dovete avere un po’ pazienza, i miei ricordi sono un po’ sfumati…devo adunarli. Le prime marce antimilitariste Perugia-Assisi, quelle le ricordo bene…Le ha create lui. La nostra amicizia è nata in occasione di quelle marce. Erano gli anni Sessanta…Pensandoci bene, ci siamo conosciuti prima, a un convegno, non tanto sulla religione quanto sul senso di religiosità. Poi però c’è stata una rottura…”.

In cosa siete entrati in conflitto?

Ceronetti: “Ho rotto con Capitini, perché, proprio per la sua marcia, aveva cercato l’appoggio del Partito Comunista. Quando ricevette un telegramma di adesione di Palmiro Togliatti per me fu come se l’avesse vergato una mano insanguinata. Intollerabile”.

Togliatti, i Partigiani della Pace…Il dissidio è provocato da quello…

Ceronetti: “Sì, con i ‘Partigiani della Pace’, fin dal 1948 non ho mai voluto aver qualcosa a che spartire…”.

Anche Marco Pannella polemizza con Capitini, e proprio per via di questo ‘inquinamento’, se così posso definirlo, di pacifismo di ispirazione sovietica… C’è uno scambio di lettere piuttosto dure e anche giudizi pesanti tra Capitini e Pannella….

Ceronetti: “C’è poi, anche per un’altra cosa che mi ha diviso da Capitini; l’atteggiamento da assumere al tempo della cosiddetta ‘Guerra dei sei giorni’ nel ‘67…”.

Israele che viene aggredita da tutti i Paesi arabi confinanti…

Ceronetti: “Secondo Capitini Israele doveva dare una risposta non violenta. Ma pensa un po’… Gli avessero dato retta credo che non ne sarebbe rimasta un’unghia, viva, di Israele. La sua, quella di Capitini, era una strategia…come posso dire? Da profeti, da profeti biblici… Era un dire: ‘Abbiate fiducia’…”.

Anche Gandhi in buona sostanza consiglia agli ebrei di farsi massacrare dai nazisti, e il mondo avrebbe reagito…

Ceronetti: “Io fossi stato un ebreo di allora non sarei davvero stato d’accordo…Credo di averglielo scritto. Ci dev’essere alla Biblioteca di Perugia il nostro scambio di lettere…”.

Probabilmente sarebbe interessante vedere anche alla luce delle cose dell’oggi quel vostro carteggio, le ragioni e le motivazioni dell’uno, le ragioni e le motivazioni dell’altro…

Ceronetti: “Qualcosa di recente è stato pubblicato  in un fascicolo monografico che mi ha dedicato un semestrale letterario che si chiama ‘Il Giannone’ *…”.

Al di là di questo dissenso, lei però fondamentalmente è un nonviolento come filosofia…

Ceronetti: “Se è per questo, Capitini mi ha fatto comprendere il perché essere vegetariani. Però devo anche confessare che ero più nonviolento da giovane. Ora saranno gli anni…Lo sono meno”.

Non mi dica che è diventato bellicista…

Ceronetti: “Eh insomma…Lo sono come poteva esserlo il mio amico Orazio… Accetto la guerra come necessità, e nello stesso tempo mi fanno orrore quelli che la fanno”.

Da quando, questa diciamo così, evoluzione?

Ceronetti: “La ‘Guerra dei sei giorni’ ha avuto un peso determinante. Mi ha mostrato come sia difficile essere sempre nonviolenti…”.

Quel conflitto ha segnato una sorta di spartiacque…

Ceronetti: “Possiamo dire così, sì”.

E’ corretto allora dire che la sua è una nonviolenza pragmatica, come metodo, ma non come atto di fede assoluta?

Ceronetti: “Sì, credo che si possa dire così. Poi ci sono anche esperienze personali. In quegli anni ho incontrato una ragazza che era stata  assunta da un’associazione, l’American Joint, per assistere i profughi ebrei dalla Libia. A quel tempo in Libia c’era ancora il re Idris…”.

Gli anni precedenti all’avvento di Gheddafi…

Ceronetti: “Gheddafi sarebbe venuto dopo poco. Ma anche prima non è che per gli ebrei in Libia spirasse una buona aria. Parecchi di loro fuggirono. Quelli che vennero in Italia vennero messi in campi di raccolta, e lei andava ad assisterli. Io lavoravo alla traduzione del Vecchio Testamento e mia moglie andava in giro ad assisterli…Durò, questo lavoro per un paio di anni più o meno. Questa ragazza era la figlia di una deportata a Birkenau; e poi avevo letto un libretto che mi colpì molto “C’è un punto sulla terra…”, di Giuliana Tedeschi**…”.

Un libro duro, un libro di ricordi del campo di sterminio nazista…

Ceronetti: “Un libro che fa capire fino a che punto può arrivare l’orrore e di cosa possa essere capace l’uomo…Ecco, quando penso alla nonviolenza penso però anche a tutto questo…”.

Senta, un altro personaggio che lei ha conosciuto è Marco Pannella…Mi interesserebbe sapere come nasce questa conoscenza, e frequentazione, se c’è stata; quand’è che le vostre strade si sono incrociate?

Ceronetti: “Lei forse non lo sa, ma io sono stato un candidato radicale.”
Non lo sapevo, no…Quand’è stato?

Ceronetti: “Esattamente non glielo so dire, ma di certo più di quarant’anni fa…”.

Ce la racconti, questa storia del Ceronetti candidato…

Ceronetti: “E’ andata così: un giorno incontro un amico a Torino e mi dice: senti, vieni anche tu, sto andando al Partito Radicale a mettermi in lista; cercano candidati: nessuno sarà eletto, si va così, per simpatia. E allora sono andato anch’io. Mi hanno iscritto subito”.

Messo in lista senza problemi…

Ceronetti: “Detto fatto. Capolista mi pare fosse Bruno Villabruna.”

Stiamo parlando degli anni a cavallo tra il ‘50 e il ‘60. Quegli anni lì… Quando il Partito radicale, come simbolo, aveva una donna con il berretto frigio…

Ceronetti: “La Marianna…”

Quindi lei in quegli anni si candida a Torino,  nelle liste radicali. Con la sicurezza che non sarebbe mai stato eletto…

Ceronetti: “Da quel punto di vista ero assolutamente tranquillo. Me l’avevano garantito…”.

E per curiosità: quanti voti prese, se lo ricorda?

Ceronetti: “Ventinove voti. Tutti voti di amicizia”.

Lei prima i radicali li conosceva? Cosa sapeva di loro?

Ceronetti: “Quel poco che si poteva sapere attraverso la radio dell’epoca”.

Non molto, immagino…

Ceronetti: “No, e non c’era neppure la “Radio Radicale”, allora. Pannella cominciava a fare qualche comizio…”.

Lo andava a sentire?

Ceronetti: “Sì, qualche volta credo di essere andato. Era un Pannella molto giovane. Lui è più giovane di me: è del ‘30 e io del ‘27”.

Tutto sommato, siete coetanei…

Ceronetti: “Io mi sento e mi vedo molto più vecchio…”.

Parliamo della sua attività di scrittore, di giornalista…

Ceronetti: “Ho cominciato a pigiare i tasti della macchina per scrivere nel 1945”.

Qual era il giornale all’epoca?

Ceronetti: “All’inizio pubblicavo sui giornali umoristici, un po’ come faceva Federico Fellini…”.

Da quello che so Pannella spesso è d’accordo con quello che scrive. Una volta ha usato il termine ‘adorabile’…

Ceronetti: “Mi fa piacere, anche se non so cosa posso aver scritto di così straordinario…”.

I suoi interventi sulla vicenda di Erich Priebke Pannella sicuramente li condivide. E poi quella poesia su Eluana Englaro…***. Più in generale tutte le questioni relative alla vita e alla morte…Lei ha mai conosciuto Luca Coscioni?

Ceronetti: “Personalmente no. Lo sentivo quando parlava con l’aiuto del computer. Le confesso che mi era talmente penoso sentire quella voce, falsata dal mezzo, mi dovevo fare violenza per ascoltarlo. Davvero provavo una gran pena…”.

Sono questioni di grande attualità, tutt’altro che risolte: la libertà di ricerca, l’autodeterminazione che ognuno di noi dovrebbe avere come diritto di poter disporre del proprio corpo…

Ceronetti: “Su queste cose darei il voto subito, senza pensarci troppo”.

Sembra che faccia paura anche solo il parlarne…

Ceronetti: “E si capisce. Se se ne parla, poi bisogna fare qualcosa…E invece non vogliono fare nulla, è molto semplice”.

Il problema comunque resta, non è che lo si annulla ignorandolo…

Ceronetti: “Certo che no. Ma per esempio parlare di eutanasia sembra di invocare di morire…Gli italiani, per lo più, sono molto poco inclini a parlare della morte. Come se ci fosse una invalicabile superstizione”.

Decidere come, dove e quando dovrebbe essere un diritto di tutti e di ciascuno, non crede?

Ceronetti: “Viviamo in un Paese dove l’unica cosa ammessa sembra siano i divieti: questo non si può quello non si deve, quell’altro non è ammesso…”.

Come se lo spiega?

Ceronetti: “Chissà, forse paura…Magari si teme di non essere compresi, capiti; si pensa che la gente sia più arretrata di quanto non sia effettivamente. Anche le donne: quasi sempre si dimostrano un passo in avanti rispetto agli uomini. Pensi al referendum sul divorzio, al referendum sull’aborto… Non fosse stato per loro…Eppure…”.

Senta, di palo in frasca: che opinione ha di questo pontefice, di papa Bergoglio?

Ceronetti: “Le confesso: non mi sembra che abbia grandi ali…”.

Non le sembra che stia cercando di rivoltare un po’ le logiche che hanno governato finora il Vaticano?

Ceronetti: “Sarà perché queste cose non mi appassionano più di tanto, forse è per questo che sono poco in grado di comprenderle. A suo tempo ero molto favorevole al primo papa Karol Wojtyla;, ma perché, lì c’era la storia del cardinale Wyszyński, che l’aveva messo come cardinale di Cracovia, proprio per liberare la Polonia dal giogo dell’Unione Sovietica…”.

Giovanni Paolo II è stato un papa condottiero, su questo non c’è il minimo dubbio; però le chiedevo dell’attuale pontefice perché, tutto sommato, ha compiuto dei gesti, sicuramente emblematici, e di un qualche significato: ha abolito la pena di morte in Vaticano che era formalmente in vigore; ha introdotto il reato di tortura che, naturalmente, non viene praticata oggi in Vaticano, ma era ancora in vigore; ha fatto una serie di gesti che lo Stato italiano non ha ancora fatto: perché il reato di tortura, non è contemplato nei nostri codici, e dunque non è punibile…Cerca di fare un po’ di pulizia nello IOR, la Banca Vaticana e le sue discutibili gestioni… Alla luce di tutto questo, le chiedevo una valutazione; e certamente è un cammino appena intrapreso. Poi la cosa curiosa è che questo papa è gesuita da una parte, francescano dall’altra: due anime in un unico corpo, ecco…

Ceronetti: “Vorrei un papa favorevole apertamente al controllo delle nascite, nei continenti sovrappopolati. Allora potrei anche avere delle simpatie.”

Per avere questa riforma forse bisognerebbe eleggere una donna papa…

Ceronetti: “Chissà…Poi le confesso che non sono così favorevole alla politica della chiesa cattolica sull’accoglienza degli immigrati…non sono tanto accoglientista”.

Che vuol dire che non è tanto accoglientista?

Ceronetti: “Fino a un certo punto va bene. Ma sono troppi ora, non ce la facciamo”.

Facciamo una simulazione: Guido Ceronetti non è il signore che vive a Cetona, in Italia; è invece un povero cristo che vive in Siria, o in Libia, o in Somalia. Non scapperebbe quel Guido Ceronetti se solo potesse farlo, non cercherebbe rifugio in Europa?

Ceronetti: “Penso di sì. Ma non è questo il punto. Il punto è che non ce la facciamo ad accoglierli tutti…”.

Abbiamo affrontato crisi peggiori…

Ceronetti: “E’ una questione complessa, quando li facciamo venire qui, un minimo di sussistenza bisogna garantirla; in quelle masse che cercano rifugio in Europa c’è di tutto, non solo persone che soffrono; non mi faccia fare il leghista, che non lo sono. Però un po’ più di polso e rigore ci vuole…”.

Senta, lei, nel 2014 è venuto, è anche intervenuto al Congresso radicale di Chianciano. Come mai ci ha fatto questa sorpresa e il regalo della sua partecipazione?

Ceronetti: “Ma non sapevo di fare nessun regalo. Sono venuto perché mi sentivo, e mi sembrava una cosa interessante…”.

Le assicuro che per molti di noi è stato un regalo, una festa.

Ceronetti: “Ne sono contento, e un po’ stupito. E mi ha fatto piacere trovarmi in un ambiente amico, e questo a prescindere dall’essere o no d’accordo su molte cose. Perché poi su tante altre lo si è”.

Su che cosa e in disaccordo?

Ceronetti: “Il pacifismo a oltranza non mi trova d’accordo; e l’America non interventista mi mette angoscia. Proprio angoscia. Il signor Obama apre la porta al male”.

Addirittura…

Ceronetti: “Sì, proprio al male; e sono stupito che alla testa dell’America, ancora per un tempo abbastanza lungo, ci sia un uomo come lui, così…vinto,  rassegnato”.

Mi permetto un’obiezione: i radicali sono nonviolenti, non pacifisti…

Ceronetti: “Sì, questo lo so”.

Quanto agli Stati Uniti, dai tempi del Vietnam, quando interviene, per come interviene, sono più i danni dei benefici…

Ceronetti: “Quello che voglio dire, per restare ai fatti dei giorni nostri è che quello che mi sembra essere uno dei madornali errori del presidente americano sia stato quello chiedere l’aiuto del russo nella crisi siriana. L’hai evocato, il demone russo, ed eccolo lì, chi lo smuove più?

I russi in Siria ci stavano da sempre, dai tempi di Assad padre;  consideravano la Siria un loro protettorato… In secondo luogo, al di là delle considerazioni etico-morali che comunque hanno un peso, direi che americani ed europei non sono più disposti a morire, a essere uccisi, non vogliono più combattere guerre. Parlo anche per me, sia chiaro: di fare l’eroe non ho nessuna voglia; e se si fanno le guerre, oltre a uccidere si finisce uccisi. Come risponde a questo fatto?

Ceronetti: “Non rispondo. Non c’è soluzione. Il nostro amico Capitini, quando ci fu l’attacco a Israele, predicava questo agli israeliani: ‘Fatevi arrivare tutti questi arabi in casa, poi, quando ci siete, fate la guerra nonviolenta e vedete che ve li togliete’. Era una bravissima persona. Però, predicava il suicidio”.

Lei sa dell’iniziativa radicale per il diritto umano alla conoscenza, che si ricollega a quelle dell’Associazione per la libertà della cultura e nella cultura di Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte…

Ceronetti: “Li ho conosciuti…”.

Questo diritto umano alla conoscenza, lei pensa che sia qualcosa da conquistare o stiamo perdendo tempo?

Ceronetti: “Magari si può fallire, ma non è mai una perdita di tempo; è anzi una cosa importante, da fare…”.

Quindi possiamo contare sul conforto del suo appoggio.

Ceronetti: “Totale!”.

 

*“Il Giannone”, semestrale di cultura e letteratura, diretto da Antonio Motta, via Carlo Alberto Dalla Chiesa 11, 71014 San Marco in Lamis (FG). Il numero 25-26 è dedicato a “Il filo dell’enigma”, omaggio a Guido Ceronetti.

** “C’è un punto della terra…”, sottotitolo: “Una donna nel Lager di Birkenau”, di Giuliana Tedeschi,  prefazione di Alessandro Galante Garrone; Giuntina editore, 1988, pagg.167.

***“La ballata dell’angelo ferito”, una poesia di Guido Ceronetti per il coraggio di Eluana Englaro, “Repubblica” 28 dicembre 2008.

(Testo trascritto da una conversazione orale e non rivisto dall’autore).

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