L’impegno, il “fare” che ci vedrà impegnati, con Marco, ora che Marco non c’è.
Il 19 maggio scorso Marco Pannella ci ha lasciato.
Sembra ieri, sembra ora… Che dirvi, compagni e amici, che non sia quello che un po’ tutti ci siamo già detti, ci diciamo, continuiamo e continueremo a dirci… molti di noi hanno perso un amico, un compagno, un padre politico, una persona fidata a cui sapevi di poter chiedere consiglio, conforto, aiuto, e anche coraggio nei momenti difficili.
Sapevamo tutti che stava male, molto male; da tempo i segni erano visibili, e tuttavia fino alle ultime ore Marco è riuscito, ha saputo indicare un percorso, a ricordare un metodo, individuare una strategia, a metterci in guardia da tattiche fini a se stesse e perciò inutili o dannose; fino a che non è arrivata la fine. riusciva ancora a farlo, ma a prezzo di enormi fatiche, logoramenti. E alla fine… Alla fine è arrivata la fine. Ci parlava spesso della capitiniana compresenza tra i vivi e coloro che non ci sono più… come sia, e ce ne rendiamo conto giorno dopo giorno, è una perdita irreparabile, una parte della nostra vita che se ne è andata con lui.
Diceva: vedrete: da vivo mi trattano come se fossi morto; quando sarò morto mi tratteranno come se fossi vivo. Forse si è sbagliato. Sì, i primi giorni è stato un accorrere da parte di tutti a riconoscerne meriti, capacità, intuizioni, conquiste importanti conseguite e di cui tutti beneficiano… È durato appunto qualche giorno, con un obiettivo preciso: quello di fare di Marco l’ennesimo busto al Pincio: glorificare e dimenticare.
Cercheremo di opporre una doverosa resistenza a questo processo. Marco è la persona che affascina Ignazio Silone e Pier Paolo Pasolini; che stana dal suo riserbo Leonardo Sciascia, e che lo definisce “l’unico politico che ha il senso della legge, del diritto, della giustizia”. Elio Vittorini gli dice che lui e i radicali sono i soli copernicani che conosce. Marco è la persona che salva Enzo Tortora dal castello di infamie che i camorristi gli hanno cucito addosso; e fa “volare” Domenico Modugno, colpito da un male che lo paralizza.
Marco è concepisce un partito aperto, dove chiunque si può iscrivere: italiano o straniero, anche con altre tessere, premio Nobel o ergastolano, e nessuno può essere espulso. Dove nessuno può essere espulso. È importante, straordinario, questo “chiunque”, questo “nessuno”.
Fino all’ultimo Marco si è battuto per il diritto di tutti a conoscere, a sapere. Il diritto civile e umano alla conoscenza. Il diritto di tutti di poter giudicare e di poter essere giudicati. Ha combattuto fin con l’ultimo respiro contro gli ostracismi e le feroci censure che i mezzi di comunicazione hanno riservato a lui come persona, ai radicali come partito, e a tutte le minoranze o presunte tali, in generale. Amava ripetere e ricordare un vecchio motto del Sessantotto francese: “Ce n’est qu’on debut, continuons le combat!”. Le cose che ha fatto, che ci spronava a fare, che abbiamo fatto con lui: questa è l’eredità, il patrimonio, il lascito. Diritto umano e civile alla conoscenza; transizione verso la democrazia, dove la democrazia non c’è, e, contemporaneamente nei paesi di “democrazia reale”; la giustizia giusta, a partire dall’intollerabile e inumana situazione carceraria. Questo l’impegno, il “fare” che ci vedrà mobilitati. Come Marco diceva: hic et nunc, da subito.